martedì 9 febbraio 2016

Repubblica 9.2.16
Il lato etero della riforma contratto di convivenza garantito dal notaio
Nel ddl Cirinnà 13 articoli regolano le coppie di fatto In caso di decesso il partner resta nella casa dai 2 ai 5 anni
di Cristiana Salvagni

ROMA. Non solo unioni civili per le coppie dello stesso sesso. Il lato più nascosto del disegno di legge Cirinnà è quello sulle “convivenze di fatto”, così vengono chiamate nel testo, per le coppie che vivono sotto lo stesso tetto ma che non vogliono sposarsi: un nuovo istituto giuridico che disegna i confini di una relazione più blanda rispetto all’unione o al matrimonio civile. Ma che per la prima volta sancisce i diritti e i doveri dei partner che vivono insieme, scritti nero su bianco in un contratto registrato dal notaio. Vediamo quali.
Il progetto di legge si snoda in ventitré articoli e in due capi. I primi dieci, contenuti nel primo capo, riguardano le unioni civili e introducono le due novità più dibattute: la stepchild adoption, cioè la possibilità di adottare il figlio del partner, e la reversibilità della pensione. Il secondo capo conta tredici articoli e disciplina i diritti di quelle coppie che convivono, costituendo una famiglia di fatto, ma che non vogliono arrivare alle nozze: per loro non sono previsti né l’adozione del figlio del partner né la reversibilità della pensione, ma viene introdotta una serie di tutele e responsabilità.
Si parte dalla “reciproca assistenza”: come già accade per i coniugi (e in questo l’articolo 12 ricalca l’istituto del matrimonio) è previsto il diritto di fare visita in carcere o in ospedale o di accedere alle informazioni personali in caso di ricovero o malattia. Così come, davanti alla morte del convivente, di disporre la donazione degli organi, la tumulazione della salma e la celebrazione dei funerali.
Sempre nell’eventualità di decesso il superstite può rimanere a vivere sotto il tetto comune per un periodo compreso tra i due e i cinque anni, in proporzione alla durata della convivenza, e può subentrare nel contratto di affitto. Queste coppie possono inoltre fare domanda per l’assegnazione degli alloggi popolari.
L’articolo 15 apre il capitolo economico: se la coppia scoppia il giudice può tutelare il partner più debole riconoscendo un diritto al mantenimento. Ma “a scadenza”: cioè di nuovo per un periodo limitato e proporzionale alla durata della convivenza.
Dall’assegno si passa all’attività d’impresa: al partner che lavori stabilmente nella società dell’altro si riconosce una partecipazione agli utili e ai beni acquistati, a meno che non ci sia un rapporto societario o di lavoro subordinato.
Il convivente ha poi gli stessi diritti di un coniuge in materia di tutela legale: può essere nominato tutore, curatore o amministratore di sostegno qualora la sua metà venga dichiarata interdetta. E ha lo stesso diritto al risarcimento del danno in caso di morte provocata dall’illecito commesso da un terzo.
Per essere considerati una coppia di fatto non basta vivere nella stessa casa, condividere gioie e dolori. Secondo l’articolo 21si deve stipulare un contratto scritto di convivenza davanti a un notaio. In cui si stabiliscono i rapporti patrimoniali, di comunione o separazione dei beni (modificabili in qualsiasi momento, come nel matrimonio), e la residenza della famiglia. Il notaio deve trasmettere entro dieci giorni il certificato al comune di residenza per l’iscrizione all’anagrafe.
Il contratto può stabilire come i due partner debbano contribuire alla vita comune, in base alle disponibilità economiche e alle capacità professionali e domestiche di ognuno. Come si scioglie la coppia? In accordo comune, per volontà di uno soltanto (tornando dal notaio), in caso di matrimonio o unione civile.