Repubblica 8.2.16
Il peso della piazza
di Adriano Prosperi
LO
SCONTRO sulla questione di come introdurre nella legislazione italiana
il riconoscimento delle unioni tra omosessuali e il loro diritto ad
adottare figli riguarda sempre più chiaramente non solo lo stato dei
diritti civili nel nostro Paese ma prima ancora la verifica dei rapporti
di forza tra Stato e Chiesa. C’è un dato importante da tenere presente:
il peso politico esercitato dalla Chiesa come gerarchia ecclesiastica.
Fu riflettendo su questo aspetto che Antonio Gramsci creò il concetto di
egemonia.
Di fatto ogni volta che il Parlamento della Repubblica
italiana si è trovato davanti a una scelta che sfiorava questioni di
interesse della Chiesa abbiamo assistito a mobilitazioni politiche forti
e diffuse. Questa volta la scelta cade in pieno Giubileo cattolico
della misericordia e perfino un Papa che ci ha abituato a prese di
posizione inattese e sconcertanti si è attestato sulla più tradizionale
dottrina della Chiesa in materia di matrimonio. Di fatto, se ci può
essere misericordia per gli omosessuali e si può consentire il
riconoscimento civile dei loro legami affettivi, deve essere esclusa
l’adozione di figli del partner. E qui riconosciamo il volto attuale di
un tabù antico: è il controllo del corpo delle donne che occupa da
sempre un posto di primo piano nella gerarchia maschile della Chiesa. Da
qui l’imperversare di progetti per prevenire e bloccare il pericolo di
donne che quel loro potere di far figli lo mettano liberamente e
generosamente a disposizione di coppie omosessuali.
C’è una
presunzione di maggioranza esibita da coloro che si attestano sul
rifiuto davanti all’ipotesi dell’adozione del figlio del partner.
Angelino Alfano lo ha detto: «La maggioranza degli italiani è contro le
adozioni gay». Una stessa presunzione si affaccia da tante voci, come
quella di Gaetano Quagliarello: «Noi siamo minoranza in Parlamento, ma
siamo convinti di essere maggioranza nel Paese ». Da dove viene tanta
sicurezza? È un fatto che questa convinzione si è fatta strada in
seguito alla manifestazione del “Family Day”. Quello che ne ha gonfiato
le bandiere è il vento che spira dal mondo ecclesiastico, le voci di un
corpo che ha trovato finalmente nella questione del matrimonio legale
tra omosessuali l’occasione buona per ricompattarsi, nella speranza di
far dimenticare all’opinione pubblica scandali e durissimi scontri
interni. Da qui la grandinata continua di ammonimenti, di opinioni
autorevoli sugli effetti negativi del crescere con due genitori dello
stesso sesso; e quanta commozione si è spesa sulla disgrazia dei poveri
bambini e sui danni immensi quanto sconosciuti del crescere deprivati di
una coppia “naturale”. Tutta la furia spesa nella battaglia contro la
“teoria del gender” trova oggi la sua spiegazione. Curiosamente nessuno
parla più di quello che è accaduto nell’esperimento più antico e più
noto di bambini affidati alle cure di sostituti genitoriali monosesso —
preti, frati, monache. Eppure in un’Irlanda più cattolica dell’Italia la
storia delle violenze sessuali di gente di Chiesa su minori ha portato
al risultato referendario del tutto inatteso di una larga maggioranza
favorevole al matrimonio gay.
E gli italiani? Qui il mondo
tradizionalmente laico, delle minoranze culturali e dei partiti di
sinistra, sembra muoversi in ordine sparso, balbettando davanti alle
certezze dei combattenti per la famiglia “naturale”, come Dio comanda.
Affiorano argomenti dove al posto della ragione ragionante e della
concreta valutazione dei fatti si incontra spesso un insolito afflato
religioso, come di chi sente di toccare finalmente il fondo ultimo delle
cose, di potersi riposare sul cuore della natura e della tradizione. E
tanta commozione per i bambini: non quelli che muoiono nelle traversate
del mare, non quelli che aspettano in Africa o negli istituti per orfani
qualcuno che si prenda cura di loro. No, quelli futuri, ipotetici,
condannati a crescere senza l’immagine “naturale” della famiglia —
un’entità mutevole quanto le storie, i popoli e le culture del mondo.
Ora,
sul voto del Paese è lecito scommettere per spaventare l’altra parte.
Ma non è chiaro fino a che punto vogliano spingersi le minoranze
parlamentari e la Chiesa che le sostiene. Se il gioco dovesse passare
davvero nelle mani degli elettori, allora bisognerà ricordare che non è
la prima volta che il Paese si trova davanti a scelte importanti sui
diritti civili. Anche quando si trattò dell’introduzione del divorzio e
della legalizzazione dell’aborto la sensazione di stare sfidando il
fondo più arcaico e immutabile dell’economia morale degli italiani rese
timidi e riluttanti i partiti della sinistra. Ma la iattanza delle
destre e dell’allora partito dei cattolici — oggi da rimpiangere nella
sua funzione di argine all’ingerenza della Chiesa — durò solo fino al
giorno del voto referendario. Poi lo spoglio dei dati elettorali sgombrò
di colpo tutte le nebbie dal cielo della politica.