Repubblica 8.2.16
Il trucco del voto libero
di Francesco Merlo
NON
è un altissimo valore ma un bassissimo trucco la libertà di coscienza,
improvvisamente invocata da Beppe Grillo “contro” la sacrosanta legge
sulle unioni civili.
È FURBISSIMA dissimulazione e non purissima
moralità. Si sa infatti che la coscienza, soprattutto con il voto
segreto, nella politica italiana è il nascondiglio dei traffici più
illeciti, il modo per lasciarsi le mani libere o meglio la libertà del
gioco di mano, con destrezza e secondo convenienza. Persino noi ci
schierammo con Beppe Grillo nel settembre del 2013 quando, a proposito
della decadenza di Berlusconi, il comico del malumore tuonò contro il
voto segreto che, pur previsto dal regolamento, a quel tempo giustamente
gli pareva «un abominio». Il «nascondiglio della coscienza — diceva
allora — non protegge la moralità ma l’immoralità» e alimenta quel clima
grottesco di sospetti in cui si impastano le ribalderie.
Aveva
ragione. E infatti l’altisonante libertà di coscienza porta oggi il
rivoluzionario Movimento 5 stelle nella piazza reazionaria del Family
day. Alfano applaude Casaleggio che «ha riaperto la partita» e “Grillo
contro Grillo” non è più il titolo dello spettacolo di teatro, ma è
anche l’adesione alla scienza politica come gioco delle tre tavolette. È
soprattutto il completamento dello sporcarsi in società dopo il
comparaggio con i briganti di Quarto e i loro codici mafiosi.
Il
trucco della libertà di coscienza disarma dunque il vaffanculo. E viene
fuori il grillino teocon, Sergio Puglia, che come Giovanardi si batte
contro «l’ignoto delle adozioni» in nome della «normalità ». La deputata
Tiziana Ciprini come Eugenia Roccella rivela all’Avvenire che la legge
«mette i brividi, come l’utero in affitto». Di Maio annuncia: «Abbiamo
delle remore». Di Battista non vuole più il sabotaggio del sistema ma la
grazia di Dio e, come ha raccontato Jacopo Iacoboni sulla Stampa, con
il pio Nicola Morra viene ricevuto in Vaticano dal sostituto per gli
Affari Generali della Segreteria di Stato, arcivescovo Giovanni Angelo
Becciu. Intanto Roberta Lombardi, nell’ombra della cappella della
Camera, sceglie come padre spirituale l’elegante ed erudito monsignor
Fisichella.
E fregare Renzi alleandosi con Quagliariello
in
nomine Dei diventa più importante delle profezie delfiche e del governo
planetario della Rete. Se una volta sul blog tra tamburi, triangoli
isosceli e materia cerebrale, si annunziava «la fine delle religioni,
delle ideologie, dei partiti» oggi Mattia Fantinati, nunzio apostolico
del Movimento 5 stelle, dialoga con quelli di Cl per conto di Di Maio
così come Acquaviva pregava Dio in nome di Craxi.
Ovviamente
Grillo non ha mai concesso né mai concederà libertà di coscienza ai suoi
parlamentari. Con la solita logica militare i soldati dell’indignazione
etica contro la casta, contro i giornalisti che disinformano, contro i
ladri di Stato e contro i colpevoli di ogni genere, insomma i
giustizieri che dovevano «annegare i partiti nello sputo popolare»
stanno diventando truppa dorotea. Per esempio due settimane fa, proprio
mentre denunziavano (giustamente) il traffico tra il faccendiere Verdini
e il Pd di Renzi, i grillini, pur di impallinare il candidato renziano,
eleggevano gioiosamente presidente della commissione Lavori pubblici
del Senato l’ex ministro di Forza Italia, ex finiano, ex fascista Altero
Matteoli, quel dolente signore che è giudiziariamente più inguaiato di
Verdini e tuttavia sostiene: «Noi politici siamo migliori della società
civile».
E però maneggiare la libertà di coscienza è molto più
complesso che maneggiare il vaffanculo. Grillo non si illuda e vada a
studiare la storia della Dc: la libertà di coscienza, una volta
invocata, «nasconde più verità di quanta lana copre una pecora» ha
scritto Ceronetti. È infatti impossibile che il presidente Pietro Grasso
non conceda il voto segreto per gli articoli della legge Cirinnà
eticamente più sensibili, non solo quello sulle adozioni. Ma il voto
segreto — vedremo chi lo chiederà — non libera le coscienze ma i franchi
tiratori, i fucilatori protetti dall’ombra, quei cecchini che
impallinarono Prodi, gli amici del nemico e i nemici dell’amico che per
oltre sessanta anni furono l’incubo di tutti i governi italiani, a
nessuno dei quali consentivano di governare. La politica della ripicca
di coscienza produce anche paradossi straordinari. Grillo potrebbe per
esempio scoprire che, nella guerriglia di palazzo, nel tradimento
programmato, nell’agguato all’alleato e nell’impallinamento di se
stessi, persino un ultrà cattolico potrebbe segretamente preferire Renzi
e il rafforzamento della legislatura ai propri “principi non
negoziabili”. Capita, trafficando con i valori.
La giravolta di
Beppe Grillo nei tortuosi corridoi politici degli atti indecenti e
nell’Italia delle sacrestie e dei campanili, non è dunque lo scatto
virtuoso e probo del pensiero liberale, da Croce a Raymond Aron. Grillo,
che pure aveva annunziato il suo definitivo ritiro dal Movimento, la
sua psicoanalisi liberatoria sul palcoscenico, e anche la sua totale
adesione alla civiltà europea della faticosa ma necessaria legge Cirinnà
sulle unioni civili, sta in realtà procedendo nella sbrindellata
omologazione del movimento più scarruffato della nostra storia
all’eternità della politica italiana dove “a pensar male degli altri si
fa peccato, ma spesso si indovina”. Grillo traffica infatti con il
valore della libertà di coscienza non solo per mettere in imbarazzo
Renzi, ma per far saltare la legge più moderna, non di destra né di
sinistra, ma la più radicale che il Parlamento italiano possa approvare
in materia di diritti civili, la sola che ci possa agganciare
all’Europa.
E infatti già si parla di “stralcio”, “emendamento”,
di un altro “super canguro”, che è il lessico del rinvio, la più crudele
pena inflitta all’Italia, condannata all’eternità dell’indolenza, al
mai prendere di petto le grandi questioni nazionali. Chi l’avrebbe detto
che proprio Grillo sarebbe approdato alla morbidezza del peggio, al
capriccio perverso dell’andreottismo, al rinvio come via italiana al
vaffanculo?