domenica 7 febbraio 2016

Repubblica 7.2.16
L’amaca
di Michele Serra
LE PRIMARIE sono una cosa bella (una delle pochissime nuove cose belle della politica italiana) e molte persone serie e appassionate lavorano per condurle in porto. Senza guadagnare una lira e anzi spendendo una bella fetta del proprio tempo. Confliggono con questo bel clima le facezie (inevitabili) e le illazioni (comprensibili) sulle code di cinesi ai seggi; non perché i cinesi, che a Milano sono una solida e antica comunità, non debbano votare, ma perché certi voti in comitiva hanno il classico sapore di quello che una volta si chiamava “cammellaggio”, termine che allude al traffico di voti o comunque a un voto non del tutto spontaneo e autonomo. Allo stesso modo fioccano le domande preoccupate, e preoccupanti, sul boom degli iscritti al Pd in Sicilia, in alcune cittadine decuplicati (!), tanto che neppure basta, a spiegarle, un eventuale flusso di ex “cuffariani”, insomma di democristiani di centrodestra. Fa malissimo lo stato maggiore renziano a liquidare le critiche come una seccatura prodotta dai soliti malevolenti. I democratici americani sono un partito apertissimo, perfino ai socialisti che negli Usa sono come da noi i marziani; ma la vita del partito è regolata, le primarie regolatissime, e tutte le pressioni che le animano sono pressioni interne, legittime e riconoscibili tanto quanto il lobbismo, che in quella democrazia è regolamentato. Che cosa si aspetta dunque a rendere ufficialmente “non scalabili” dall’esterno il Pd e le primarie? Che cosa aspetta, il Pd di Renzi, a difendere il Pd di Renzi?