domenica 7 febbraio 2016

Repubblica 7.2.16
Heisenberg il fisico filosofico
di Piergiorgio Odifreddi

Quarant’anni fa, il 1 febbraio 1976, moriva Werner Heisenberg, uno dei grandi fisici del Novecento. Che avrebbe anche potuto essere uno dei grandi filosofi o dei grandi pianisti, visto che da ragazzo eccelleva in tutte e tre le attività. Il piano continuò a suonarlo per tutta la vita, e alla filosofia contribuì un bel volume: Fisica e filosofia (1982), in cui meditava sugli aspetti filosofici della fisica, dai presocratici a sé stesso. Il suo contributo più noto è il famoso “principio di indeterminazione”, che stabilisce un limite alla nostra conoscenza del mondo microscopico: possiamo misurare precisamente la posizione o la velocità di una particella, ma più ne misuriamo precisamente una, e meno possiamo misurare precisamente l’altra. Un contributo che, insieme alla prima formulazione della meccanica quantistica, gli valse il premio Nobel nel 1932.
Ma di Heisenberg si è discusso anche per motivi politici. Nel 1941 incontrò a Copenaghen l’altro mostro sacro Niels Bohr, e la loro conversazione ha ispirato nel 1998 la pièce teatrale Copenaghen di Michael Frayn. Heisenberg ha sempre sostenuto di aver voluto comunicare agli Alleati che i tedeschi non avrebbero costruito l’atomica. La storia dice che effettivamente non la fecero, mentre a costruirla e a usarla furono appunto gli Alleati, che come disse Oppenheimer «conobbero il peccato».