domenica 7 febbraio 2016

Repubblica 7.2.16
Rivolta nel Movimento nel mirino Casaleggio “Cerca voti a destra”
Base scatenata, i parlamentari accusano il direttorio
Il deputato Della Valle: è un blitz, non hanno consenso
Di Maio sospettato di essere l’ispiratore del post
Pizzarotti: “Bisogna comunque votare sì”
di Annalisa Cuzzocrea

ROMA La decisione è un blitz che sorprende e spacca il mondo a Cinque stelle. La rivolta monta nel giro di poche ore sul blog, transita attraverso i profili Facebook, esplode su Twitter: «Non vogliamo morire democristiani». I parlamentari protestano, il sindaco di Parma Federico Pizzarotti invita a votare comunque sì. Ma dietro il disco verde alla libertà di coscienza - che rischia di affossare le unioni civili, quanto meno la stepchild adoption - c’è una strategia per nulla improvvisata. Ivan Della Valle, attivista storico, deputato ortodosso, dice chiaro: «Mi piacerebbe vedere la firma sotto quel post». E attacca: «Nelle riunioni fatte, il consenso sul provvedimento era quasi unanime. Solo due senatori hanno espresso perplessità, una cosa irrisoria. E che succede? Arriva un post del genere, non condiviso, non concordato con chi si è occupato della questione per due anni, quasi a voler imporre tramite blog una scelta contraria alla volontà dell’assemblea». I sospetti di quasi tutti ricadono sul direttorio. E in particolare su Luigi Di Maio. Della Valle dice solo: «Mi spaventerebbe se un’esigua minoranza composta da qualche nome in auge riuscisse a imporre la linea tramite blog ignorandoci». Un’altra deputata, Chiara Di Benedetto, definisce la mossa «patetica ». E le linee Whatsapp che tengono in contatto gli eletti a 5 stelle si riempiono di parole durissime contro il direttorio. Di Maio, che fa sapere che «nei prossimi giorni» dirà come la pensa, è il maggior indiziato perché quello con la sensibilità più conservatrice, oltre che uno dei più concentrati sulla “tattica” politica: in questo caso la volontà di mettere in difficoltà il Pd potrebbe prevalere su quella di mandare in porto le unioni civili.
Beppe Grillo sempre più distante e distratto pensa alla tournée teatrale. Gianroberto Casaleggio è invece ancora una volta preoccupato di scoprire il Movimento a destra. Già una volta del resto decise di intervenire contro la proposta di due senatori di abrogare il reato di immigrazione clandestina. E oggi, con il voto amministrativo in vista e dopo il Family day, la storia si ripete sul tema dei diritti.
E allora eccolo il colpo di coda inatteso, che fa carta straccia del sondaggio online che nello scorso autunno, come ricorda oggi il senatore Alberto Airola - capofila dei favorevoli, a lavoro su questa legge da due anni - si era espresso con un sonoro 91 per cento in favore della disciplina sulle unioni civili. Nell’assemblea di giovedì al gruppo dei senatori solo in due, Sergio Puglia e Ornella Bertorotta, hanno espresso perplessità sulla stepchild. Gli altri 33 no e sulla carta i loro voti a favore restano. Sulla carta. Nella realtà ora ogni schema è saltato. Il sindaco di Parma Pizzarotti invita a dire comunque sì alla legge: «I diritti non sono una questione di etica o di coscienza. E non devono dipendere da questa o quella maggioranza, da questa o quella corrente religiosa o di pensiero. Come amministrazione abbiamo fortemente voluto il registro delle unioni civili» ricorda.
Non è un caso se proprio la pagina Facebook di Di Maio ieri sia stata presa di mira dai militanti. «Quando alle prossime politiche prenderete forse il 10 per cento, veniteci a raccontare della libertà di coscienza» gli scrive Ruggero Raimondi. In serata sul Blog di Grillo erano già oltre 1.100 i commenti, in gran parte tutt’altro che teneri sulla svolta. «Se non votate la stepchild ritiro la mia iscrizione e non voto più, non voglio morire democristiano» scrive tra le centinaia di altri l’avvocato Alfio Maesano.
Tra i parlamentari lo smarrimento è palpabile. Airola lancia su Twitter l’hashtag #iovotosì che compatta presto i senatori M5S favorevoli. In serata sono 25 su 35. La deputata Mirella Liuzzi cita il post di Grillo del luglio 2012 in cui il leader si diceva favorevole alle nozze gay. Se non è una rivolta dei parlamentari, poco ci manca.