Repubblica 6.2.16
Emma Bonino
“Inutile vietare la maternità surrogata”
“Si dà legalità a qualcosa che molti non farebbero, ma che alcuni fanno”
intervista di Annalisa Cuzzocrea
ROMA.
Sulle unioni civili e sulla maternità surrogata Emma Bonino dice due
cose che colpiscono. E che ricordano altre battaglie della leader
radicale. La prima: «Non permettiamo che l’”io non lo farei” diventi
“allora tu non lo devi fare”». La seconda: «Per favore, quando si tratta
della vita intima delle persone, entriamo in punta di piedi».
Il
ministro della Salute Lorenzin fa appello a un movimento neofemminista
contro l’utero in affitto e chiede lo stralcio della stepchild adoption
dalle unioni civili. Che ne pensa?
«Ricordo che l’utero in affitto
in Italia è vietato. Non lo è in altri Paesi. Su questo si può aprire
un dibattito, ma - appunto - l’io non lo farei non deve diventare allora
non farlo tu. Se c’è un problema di sfruttamento bisogna intervenire su
quello».
Può trattarsi di una libera scelta, da difendere in quanto tale?
«Ho
sempre presente Viola, una signora che all’Associazione Luca Coscioni,
cui si era rivolta, chiedeva: “Se posso dare un rene perché non posso
aiutare mia figlia prestando il mio utero?” La stepchild adoption non
obbliga nessuno, dà solo una cornice legale a un evento che altri non
farebbero, ma che alcuni fanno. Persiste quest’idea che per far
rientrare entro certi canoni le vite delle persone basti proibire, con
relativo carabiniere, carcere... Sono 40 anni che dimostriamo che non è
così. E oggi non c’è neanche l’alibi di una Chiesa pesantemente
interventista».
Non lo è più?
«Non possiamo chiedere alla
Chiesa di fare un governo laico, fa il suo mestiere, diffonde i suoi
precetti, peraltro non sempre seguiti neanche dai suoi. Ma sì, credo sia
meno reazionaria e interventista dell’era Ruini».
È cambiata la società?
«Oggi
la famiglia tradizionale di quando ero bambina quasi non esiste.
Sposati, divorziati, risposati. Ci sono persone che si sforzano di
volersi bene. È quello sforzo che va sostenuto, quell’amore, dove troppo
spesso c’è invece violenza. La politica deve fare leggi che valgano per
i credenti, per i non credenti, per i diversamente credenti ».
Le
femministe che si battono contro la maternità surrogata, da laiche,
dicono che la libera scelta di una donna non può essere collegata al
bisogno economico.
«Non so bene come si arroghino il diritto di
stabilire verità come fossero tavole della legge. Questa cosa l’ho già
sentita quando lottavamo contro l’aborto clandestino. Le condizioni
sociali, la povertà, il che è anche vero, ma che c’entra? Ci sarebbero
organi che non vanno toccati, tutti gli altri si possono donare, quello
no».
Non è un dono, se è pagato.
«È il dibattito di sempre
anche sulla prostituzione: obbligo e scelta. Esistono tutti e due i
fenomeni. Quando ci si occupa di questioni affettive private serve più
rispetto. Bisogna saper guardare esperienze, dolori, mancanze degli
altri senza pontificare. L’altra - quella che lo farebbe - è un’adulta
come noi: le sue opinioni, le sue scelte, quelle che fa e non ci impone,
sono meno rispettabili? È la differenza che ho visto tra la piazza
Arcobaleno, che non metteva in discussione la famiglia, e quella del
Family Day, che sosteneva voi non lo potete fare».
Ha fatto bene Matteo Renzi ad affidarsi alla libertà di coscienza dei parlamentari?
«Sì.
I diritti civili non sono materia né di destra né di sinistra, non sono
di un governo altrimenti quello successivo potrebbe sentirsi libero di
tornare indietro. Abbiamo un sacco di richieste per l’eutanasia in
Svizzera da persone che non sono né di destra né di sinistra, ma che
vogliono solo poter morire serenamente».
La società italiana è pronta?
«Sì,
ma so che a livello parlamentare la strada è tutta in salita. Sa cosa
mi preoccupa di più culturalmente? La gente non si aspetta più niente
dalla politca. Si arrangia. Non riesco ad avere un figlio? Vado in
Spagna. Voglio morire senza dolore? Vado in Svizzera. Convivo? Convivo» I
cittadini non sentono più di avere diritti?
«La gente fa i suoi
doveri, ma non chiede più diritti. Si è aperto un baratro tra la
politica e i cittadini, che poi pensano di “vendicarsi” non andando a
votare. È una cosa culturalmente molto pericolosa».