Repubblica 6.2.16
Sulle unioni civili resta in aula il nodo stretto delle adozioni
Oltre ai valori contano i voti. Il grande disagio dei centristi
La pressione dell’Europa dovrebbe evitare lo snaturamento della norma
Pesa l’incognita dello scrutinio segreto. E le mosse del mondo cattolico
di Stefano Folli
NON
è una novità la pressione dell’Europa a favore delle unioni civili. Ma
l’ultimo richiamo, quasi alla vigilia del voto del Parlamento, è persino
più perentorio degli altri e sottolinea che la questione delle adozioni
(da noi si usa solo l’inglese, “stepchild adoption”, non si sa perché) è
vista a Bruxelles come parte integrante del pacchetto. Niente stralcio,
in altre parole, e nemmeno annacquamento della norma. Decidono le
Camere, è ovvio, ma la cornice generale è quella indicata dal monito
europeo.
A questo punto non c’è che attendere. Da un punto di
vista di tattica parlamentare, la storia si è quasi esaurita. I
tentativi di mediazione all’interno della maggioranza Pd-Area Popolare,
proprio sul punto controverso delle adozioni omosessuali, sono minimi,
attuati senza convinzione per onore di firma. La confluenza fra il Pd e i
Cinque Stelle sul testo Cirinnà è un dato acquisito ormai da giorni, se
si deve stare alle dichiarazioni ufficiali. Ed è noto altresì,
confermato più volte dallo stesso Alfano, che i centristi cattolici non
metteranno a rischio la tenuta del governo. Su questo non ci sono mai
stati dubbi, ma è proprio il ministro dell’Interno a precisare a scanso
di equivoci: «La Dc non riuscì a opporsi al divorzio e all’aborto con
300 parlamentari, cosa possiamo fare noi con 30?». Il che ha aperto una
mini-crisi nell’area centrista: la minuscola Udc di Lorenzo Cesa
(sfortunatamente rimasta priva di vice-ministri e sottosegretari nel
recente rimpastino) ha annunciato il proprio disimpegno. Decisione priva
di conseguenze pratiche sulla compagine di governo, ma che si inserisce
nel disagio di un certo mondo cattolico trasversale agli schieramenti
politici. Si torna quindi al punto dolente. La piazza del cosiddetto
“Family day”, sabato scorso, ha dimostrato qualcosa: in campo ci sono i
valori, sì, ma anche i voti. I quali si distribuiscono equamente fra il
centrodestra, la fascia centrista e anche il Pd. Non stupisce che si sia
creato un po’ di subbuglio, specie nel segmento di opinione a cui fa
riferimento Alfano. Quello striscione (“noi ci ricorderemo”) è una
minaccia elettorale per qualcuno (Renzi), ma un’opportunità per altri,
ad esempio i politici che erano al Circo Massimo. I Popolari di Alfano
tuttavia hanno privilegiato la stabilità del governo, come abbiamo
visto, e quindi è difficile che possano beneficiare di quei consensi a
piene mani. Del resto, con il Papa che ha evitato con cura di farsi
strumentalizzare dalla piazza e a maggior ragione dai politici
desiderosi di incarnare lo spirito del raduno, lo spazio è esiguo. Non
rinascerà un “partito dei cattolici” dal Family day o dalla legge sulle
unioni civili.
D’altra parte, non è irrilevante come la norma
uscirà dal Parlamento. Avremo una piena adesione al richiamo dell’Europa
oppure un testo più blando: dipenderà dal risultato delle votazioni,
specie quelle a scrutinio segreto. E tutto ruota ancora una volta
intorno al tema delle adozioni, l’unico - a ben vedere - davvero
controverso. Specie perché contiene implicazioni etiche non
indifferenti, laddove lascia intravedere l’ipotesi, anche solo
l’ipotesi, di legittimare in futuro l’”utero in affitto” (all’estero,
s’intende). Il mondo cattolico, con le sue diverse accezioni più o meno
intransigenti, può forse ottenere che il pacchetto, nella forma che
piace a Bruxelles, non sia accolto integralmente nella legislazione
italiana. Basterebbe un rinvio del capitolo sulle adozioni, o magari
anche una formula edulcorata: tutto tranne la piena equiparazione fra
coppie eterosessuali e coppie omosessuali. Il fatto è che tale aspetto,
salvo improbabili colpi di scena, non è più oggetto di compromesso
politico. Per non disarticolare la legge e per non rinunciare alla sua
valenza innovativa, Renzi è ancorato al testo Cirinnà. Con esso si va in
aula. Il resto attiene alla coscienza e alla responsabilità dei
senatori. In ogni caso, il governo non sbanderà.