Repubblica 5.2.16
“Un istituto per salvare la nostra archeologia”
Il
progetto del ministro dei Beni culturali Franceschini per rispondere
alle critiche alla sua riforma: “Sarà sul modello di quello per il
restauro”
intervista di Dario Pappalardo
«A Roma
nascerà un Istituto Centrale dell’Archeologia: l’Ica sarà un luogo di
raccordo delle missioni di scavo italiane e di valorizzazione della
disciplina che ancora mancava nel nostro Paese». Il ministro dei Beni
culturali Dario Franceschini lo annuncia in risposta alle critiche
contro la sua riforma che accorpa le 17 soprintendenze archeologiche con
quelle che tutelano il paesaggio e le belle arti. Negli stessi giorni
in cui gli archeologi protestano e lamentano l’attacco a una professione
già fragile.
Ministro, perché ha cancellato le 17 soprintendenze archeologiche?
«Ne
ho create 41 nuove: 39 uniche più due speciali (Roma e Pompei). Molti
soprintendenti unici saranno archeologi. Ho fatto un’operazione che
punta a rafforzare la tutela. E mi offendo quando sento dire che, al
contrario, l’ho indebolita. Prima un soprintendente doveva occuparsi di
una regione intera. Con la riforma, la Lombardia, per esempio, ha
quattro soprintendenze che controllano un territorio più piccolo. E il
cittadino che chiede di procedere con un intervento su un palazzo deve
fare una sola domanda e aspettare una sola riposta».
Però, con la
riforma della pubblica amministrazione e l’introduzione del silenzio
assenso, i prefetti hanno più potere in materia di tutela ambientale e
paesaggistica… «Il prefetto ha una funzione di coordinamento delle
strutture territoriali dello Stato. Ma non sostituisce il soprintendente
in nessun caso. Tutti i contrasti saranno risolti all’interno del
ministero. In ogni soprintendenza c’è un responsabile per il patrimonio
archeologico, storico e artistico, architettonico, per il paesaggio… Se
prima c’erano 17 soprintendenti, oggi per l’archeologia ci sono 39
responsabili».
Insomma, non crede di avere indebolito le soprintendenze?
«Semmai
ho provveduto a una razionalizzazione. Nella comunità scientifica, il
tema della soprintendenza unica divide. Il dibattito è legittimo, ma poi
bisogna scegliere. Operare una sintesi: è quello che cerco di fare.
Contemporaneamente alle nuove soprintendenze, nascono nuovi parchi
archeologici che avranno statuti e bilanci autonomi e si occuperanno di
tutela e valorizzazione. Parlo tra gli altri dei parchi archeologici di
Ostia, dell’Appia Antica… finora erano semplici uffici di Roma…».
Sul
futuro dell’Appia Antica c’è apprensione. Il 13 febbraio ci sarà una
marcia dell’associazione Bianchi Bandinelli per i beni culturali in
ricordo di Antonio Cederna… «Bianchi Bandinelli era un riformatore, non
un conservatore. L’Appia Antica ci sta a cuore. Il direttore sarà scelto
con un bando internazionale: avrà autonomia fiscale, gestionale… non
capisco dove sia l’indebolimento. Dal punto di vista della tutela,
l’archeologia ne esce rafforzata da questo secondo atto della riforma.
Semmai bisognerà essere più attenti agli scavi…».
E quindi?
«È
per questo che faremo nascere un Istituto Centrale di Archeologia del
ministero che supporterà le soprintendenze come luogo della ricerca e
del coordinamento delle missioni di scavo italiane sul territorio
nazionale e all’estero. Per l’archeologia sarà il corrispettivo
dell’Istituto Centrale del Restauro e dell’Opificio delle Pietre Dure».
Quali sono i tempi?
«Saranno veloci, lo faremo in fretta. Le preoccupazioni degli archeologi vanno ascoltate».
L’età
media del ministero è alta. C’è un sostanziale blocco del turn over.
Lei ha avviato l’assunzione di 500 funzionari. Basteranno?
«Basteranno
per qualche anno. Il numerò coprirà tutti i posti ora vacanti più
quelli occupati da chi andrà in pensione nel 2016. Si ringiovanirà l’età
media del ministero. Poi, più avanti, si potrà procedere a un altro
concorso. Il dato positivo è che si inizia a capire che sulla cultura si
può investire. Il bilancio del 2016 è cresciuto del 27 per cento
rispetto all’anno scorso».
C’è una circolare del ministero,
diffusa su Internet, che invita i funzionari a non parlare con gli
organi di stampa… «Non l’ho vista. Il dibattito sulla riforma ci deve
essere fuori e dentro il ministero. Deve essere libero e mi pare sia
così».
Il nuovo disegno di legge sul cinema abolisce le
commissioni ministeriali che attribuivano finanziamenti in base al
cosiddetto “interesse culturale”. I crediti fiscali saranno assegnati in
base a “parametri oggettivi” come i risultati economici e il successo
in sala. Non si rischia di favorire i progetti di cassetta?
«L’obiettivo
è quello di creare un indotto per il Paese: del tax credit hanno
usufruito il remake di Ben Hur, Zoolander, 007. Film che restituiscono
l’immagine dell’Italia nel mondo. Il cinema è un’industria. C’è un nuovo
interesse intorno a Roma e a Cinecittà. Se un film oggi produce
l’effetto che fece Vacanze Romane, ben venga. Poi il 15 per cento del
Fondo unico per lo spettacolo sosterrà comunque opere prime e seconde,
start-up e piccole sale».
Si è dato una risposta chiara
sull’incidente delle statue inscatolate ai Musei Capitolini, durante la
visita del presidente iraniano Rouhani? Una commissione doveva accertare
l’accaduto: a che punto è?
«Non ho nuovi elementi. L’indagine
della commissione interna a Palazzo Chigi evidentemente non è finita.
Continuo a dire che ci sono mille modi per non offendere la sensibilità
di un leader straniero. Non bisognava certo coprire le sculture
classiche».
Quale sarà la sede per la mostra della collezione e per il Museo Torlonia?
«È
tutto aperto. L’accordo con la famiglia Torlonia è fatto, ma non ancora
firmato. C’è un interesse internazionale: si tratta della più grande
collezione archeologica di scultura mai vista. La mostra girerà il
mondo. Dobbiamo trovare a Roma una sede di grande prestigio».