giovedì 4 febbraio 2016

Repubblica 4.2.16
Il messaggio di Francesco alla Cina
di Agostino Giovagnoli

MENTRE papa Francesco si rivolge alla Cina, si accavallano le notizie sulle relazioni sino- vaticane e le reazioni di Pechino rilanciano il confronto. Il messaggio del Papa — rivolto, tramite un’intervista, non solo al popolo cinese ma anche al presidente Xi Jinping in occasione del nuovo anno cinese — non è il primo e non sarà l’ultimo. È proprio questa insistenza a sorprendere, come è stata sorprendente la cordialità dell’incontro con l’iraniano Rouhani e l’audacia della sua partecipazione alle celebrazioni per i 500 anni dello scisma luterano. È un Papa che sa parlare ai nemici: va infatti incontro, per primo e generosamente, a coloro che la storia — non solo lontana, ma talvolta anche recente — indica come nemici della Chiesa cattolica. È, infatti, un cristiano che ha scelto evangelicamente di non avere nemici. In lui, però, questa scelta non si traduce in pallido buonismo ma si trasforma in un’efficace strategia geopolitica. Le parole e i gesti di Francesco sorprendono sempre perché ogni volta attraversa una frontiera che altri prima di lui non avevano attraversato. E così disegna un mondo nuovo.
Il Papa lancia un messaggio rassicurante alle autorità cinesi. Dichiara, infatti, la sua «ammirazione» per questo Paese, di cui ha sempre apprezzato la «grande cultura» e una «saggezza inesauribile » e afferma che la Chiesa, cui spetta il dovere di rispettare tutte le civiltà, in questo caso «ha il dovere di rispettarla con la R maiuscola». Ricorda la sua sintonia giovanile con Matteo Ricci, il gesuita che ha «incontrato» la Cina in tempi difficili, e confessa la sua «emozione» quando ha sorvolato il cielo del Regno di Mezzo. Francesco parla esplicitamente di «errori» della politica cinese ma pensa che possano essere superati attingendo alla storia di questo popolo: «è sano che un popolo sia misericordioso con se stesso» perché ciò che conta è andare avanti. «Penso che il popolo cinese stia andando avanti ed è questa la sua grandezza».
Tutto ciò sembra a molti ingenuità, ma è lungimiranza. Tra l’Occidente e la Cina, per Francesco oggi il problema di fondo è la sfiducia reciproca, ma «la paura non è mai un buon consigliere». «Nonna Europa», dice ironicamente, deve tornare ad essere «mamma Europa » ed accogliere questo Paese pieno di energie giovani come un adolescente che sta crescendo e che tende ad «espandersi, a diffondersi, a comunicare ». Solo nel dialogo si trova l’equilibrio della pace. Un vero equilibrio di pace, però, non quello basato su nuova spartizione del mondo, come è accaduto a Yalta. La generosità di Francesco verso la Cina è oggetto di critiche severe e, persino, di attacchi personali. Ma il Papa rovescia il ragionamento dei suoi critici: se davvero si vuole che la Cina si apra ai valori occidentali bisogna integrarla pienamente nella comunità internazionale. Non però in una logica alla Yalta di spartizione del mondo, come sta avvenendo, con l’Occidente che a parole demonizza la Cina ma nei fatti cerca il compromesso. Il futuro, insomma, non è un confronto Stati Uniti-Cina in bilico tra diffidenza e guerra, con l’Europa che sta a guardare, ma una convivenza mondiale basata su principi e progetti condivisi. Per Francesco bisogna cogliere un’occasione storica. Per la prima volta nella sua vicenda plurisecolare, la Cina non si trova più davanti ad una politica imperiale di sottomissione su altri popoli più deboli, ma al problema di una politica estera di rapporti con popoli che non può dominare. Il dialogo con questo Stato che non è uno Stato può aprire alla potenza asiatica strade nuove anche con tutti gli altri.
Paura e diffidenza sono presenti anche tra i cattolici. Non si dialoga con chi fa pesare il suo potere, accusano con ruvidezza i censori del successore di Pietro. O, quantomeno, gli apprezzamenti sono inopportuni mentre ci sono ancora molte questioni aperte: quando si deve trattare si fa la faccia dura e si tiene l’interlocutore sotto pressione. E proprio pochi giorni fa si è svolto a Roma un terzo round di incontri tra le due parti. Ma intanto si registra una coincidenza sorprendente: questo Paese, che non accetta interferenze esterne, sta rimandando da mesi la conferenza nazionale decennale sulla politica religiosa. E, comunque, anche su questo terreno il ragionamento va rovesciato: proprio chi frena sull’accordo di fatto obbliga a compensare le lentezze con dichiarazioni rassicuranti. Lo confermano le reazioni di Pechino — ha parlato il portavoce del ministero degli Esteri — che lamentano mancanza di flessibilità ma, apprezzando il messaggio di Francesco, confermano la fiducia nel Papa. Il vero obiettivo dei suoi critici è rallentare o addirittura bloccare l’accordo tra le due parti. Ma, alzando il tiro, Francesco svela l’ipocrisia delle affermazioni di principio.