mercoledì 3 febbraio 2016

Repubblica 3.2.16
Una ricerca Usa sugli enfant prodige “Gli adulti facciano un passo indietro”
Hanno un potenziale altissimo. Ma quasi nessuno, da grande, cambierà il mondo Sul perché gli esperti concordano: la società ingabbia il loro talento. Ecco come liberarlo
La solitudine dei piccoli geni “Così salveremo la loro creatività”
di Maria Novella De Luca

ROMA. Hanno Iq prodigiosi ma difficilmente vincono il Nobel. Imparano magnificamente a suonare Mozart ma raramente compongono un brano. Vincono le Olimpiadi di matematica, eppure, da adulti, non è detto che risolvano nuove formule. Soprattutto spesso soffrono. Intrappolati da vincoli, regole, scuole sbagliate e maestre insofferenti che ne imprigionano e soffocano la creatività. Sono i bambini gifted, con il dono, plusdotati è il termine scientifico, geni, più semplicemente. Sono il 2% della popolazione scolastica italiana, ma nemmeno la metà riesce ad esprimere compiutamente il proprio talento. Oggi si sa che spesso il loro “dono” viene confuso, addirittura, con i disturbi dell’attenzione, e possono essere studenti eccellenti, o, invece, scarsissimi. Pochi finora si erano soffermati però sulla “creatività perduta” dei bambini geni. E sul perché ai ragazzini prodigio non seguano poi adulti altrettanto affermati. Adam Grant, docente di Psicologia alla Warthon School della Pennsylvania University, ha provato a dare una risposta, sostenendo che molto dipende da quella creatività bloccata nell’infanzia, e da quanto la vita dei piccoli geni sia spesso costellata da diagnosi sbagliate e difficoltà di adattamento sociale. In un lungo articolo sul New York Times, dal titolo “How to raise a creative children. Step one: back off”, Grant spiega che per liberare in tutti, ma soprattuto nei piccoli geni quella forza sepolta da troppe convenzioni, genitori, prof, coach e tutor devono fare un passo indietro. «Nell’età adulta molti bambini prodigio diventano eccellenti professionisti, leader nei loro posti di lavoro, eppure non cambiano il mondo. Perché?». Possono essere brillanti medici ma non sovvertire le sorti della Scienza, o abili avvocati senza riuscire però a trasformare le leggi. Per Grant, dietro a tutto questo c’è una società che ingabbia il talento, lo incanala affinché non sfugga dalle maglie della normalità. «Bambini così intelligenti vengono spinti a cercare la perfezione, e loro sentono terribilmente il peso delle aspettative ». Invece la creatività è tutt’altro, è la passione assoluta per qualcosa, «dietro a artisti, musicisti, grandi atleti spesso c’erano famiglie normalissime che non sognavano certo il figlio superstar...».
Eppure i bambini gifted hanno intelligenze così straordinarie che la loro creatività potrebbe essere esplosiva. «Sapete come li curiamo? Con la psicoterapia, ma soprattutto con la filosofia ». Anna Maria Roncoroni, neuropsicologa, fondatrice e presidente dell’Aistap, Associazione italiana per lo Sviluppo della Plusdotazione, i piccoli geni li conosce bene. È da lei che arrivano genitori con figli definiti “strani” dai professori, piccoli che in classe si annoiano, magari hanno voti altissimi, ma sembrano asociali e arrabbiati. «La loro creatività si spegne di solito nell’impatto con la scuola. In Italia almeno è così: l’importante è livellare, e chi è troppo intelligente aspetta gli altri... Per un bambino però la noia è il nemico più grande. Diventano nervosi, intrattabili. Noi cerchiamo di smontare il loro desiderio di perfezionismo, lavoriamo con la psicoterapia, ma creiamo anche gruppi dove i ragazzi di talento si possano incontrare e riconoscere». E poi naturalmente stage nelle università, summer camp. Ma la particolarità è che negli incontri dell’Aistap solitamente si parla di filosofia. «I gifted hanno bisogno di confrontarsi con temi alti. Hanno bisogno di mettere alla prova la loro intelligenza, anche su questioni speculative e spirituali. In questo modo — conclude Anna Maria Roncoroni — la loro creatività sepolta può emergere di nuovo. Ritrovano la serenità. Ed è questo che conta».