mercoledì 3 febbraio 2016

Il Sole 3.2.16
Ue, frenata sullo status alla Cina
Bruxelles. Si compatta il fronte del no al riconoscimento del gigante asiatico come economia di mercato
In tre mesi studio di impatto dettagliato. Possibile mediazione tenendo i dazi
di Carmine Fotina

ROMA Guadagna metri la posizione italiana sull’ipotesi di riconoscere alla Cina lo status di economia di mercato (Mes). Un ulteriore passo è stato compiuto ieri, nel corso del Consiglio informale dei ministri del commercio estero che si è svolto ad Amsterdam. Non sarebbero mancati toni decisi, con il viceministro allo Sviluppo economico Carlo Calenda (che a marzo assumerà formalmente l’incarico di rappresentante permanente dell’Italia a Bruxelles) che ha ribadito la contrarietà italiana, affiancato stavolta in modo più chiaro oltre che dalla Francia anche dalla Germania, ottenendo segnali considerati importanti. «Un primo parziale passo nella giusta direzione» lo definisce Calenda che, anche dopo l’addio al ministero dello Sviluppo, continuerà a seguire il tema in prima persona da Bruxelles al pari di altri dossier delicatissimi per il commercio internazionale come il Ttip (il Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti).
La Commissione avrebbe garantito che non ci saranno fughe in avanti, una decisione potrebbe essere presa in estate ma solo dopo una vera valutazione di impatto. Uno studio dettagliato è una richiesta avanzata ufficialmente dall’Italia nelle settimane scorse, insieme ad altri sette Stati membri, con una lettera alla presidenza olandese e ribadita con forza nel corso della riunione di ieri. È indispensabile, secondo l’Italia, avviare un vero “Impact assessment”, sentendo anche le imprese (Business Europe) e i sindacati. Lo studio dovrebbe durare tre mesi ed «avere ad oggetto - dice Calenda - anche i rischi collegati al possibile allargamento della overcapacity cinese ad altri settori industriali rispetto a quelli che oggi sono in questa situazione» (in primis la siderurgia). Una valutazione accurata che, secondo l’Italia, non può ridursi ad alcuni numeri con fonti non ben chiarite presentati ieri durante l’incontro di Amsterdam dal commissario al Commercio Cecilia Malmström. In particolare, la relazione del commissario indica le perdite potenziali di posti di lavoro nella Ue in una forchetta tra 73mila e 188mila, ben al di sotto delle stime dell’Economic Policy Institute (in uno studio sponsorizzato mesi fa dall’organizzazione di imprese Aegis) che indicano in almeno 200mila, e fino a oltre 400mila, i posti a rischio nella sola Italia. «Abbiamo ottenuto che si effettui uno studio vero, molto più dettagliato rispetto ai numeri ascoltati oggi», sottolinea Calenda.
Nel merito, la faticosa soluzione che si sta via via delineando potrebbe a questo punto concretizzarsi con un riconoscimento del Mes alla Cina in termini formali, ma accompagnato dalla salvaguardia del sistema di calcolo antidumping attualmente in vigore e non solo, perché secondo l’Italia (appoggiata anche dalla Germania) bisognerebbe tenere conto anche di eventuali sconfinamenti produttivi cinesi che in futuro dovessero concretizzarsi in settori ad oggi non interessati.
C’è da dire che le posizioni tra i grandi Paesi del manifatturiero europeo si sono progressivamente saldate, con i soli Paesi nordici a costituire il blocco opposto. I risvolti politici della vicenda, dietro le quinte, appaiono però più complessi di quanto si possa immaginare se è vero che la Svezia, tra gli Stati favorevoli alla concessione del Mes, avrebbe fatto notare che una posizione sostanzialmente analoga su questo tema sarebbe stata espressa dall’Alto Rappresentante per la Politica estera e di Sicurezza ed ex ministro degli Esteri italiano, Federica Mogherini. Un’incongruenza che politicamente stride con la convinta battaglia portata avanti dall’Italia con Carlo Calenda, oggi da viceministro e domani da rappresentante permanente presso la Ue. Sicuramente un nodo da sciogliere, così come andranno calibrati tempi e sostanza della decisione con la posizione americana, «per evitare - dice Calenda - pericolosi effetti di “trade diversion”».
Il clima generale viene comunque giudicato dall’Italia più favorevole rispetto a qualche mese fa, «anche grazie all’intervento del presidente della Commissione, di esponenti del Parlamento europeo e di una maggiore partecipazione degli Stati Membri» afferma il viceministro dello Sviluppo.