mercoledì 3 febbraio 2016

Repubblica 3.2.16
L’ultima breccia tra laici e cattolici
di Stefano Folli

L’OPINIONE cattolica presente all’interno del Pd, ma anche i centristi di Alfano, non hanno rinunciato a influenzare la legge sulle unioni civili.
Forse lo fanno pensando ai loro elettori, più che alle reali possibilità di riscrivere il testo Cirinnà in alcuni passaggi chiave. Ma su un punto almeno la partita è tutt’altro che chiusa: le adozioni dei bambini nelle coppie omosessuali. La prossima settimana il quadro sarà più chiaro, ma fin d’ora, mentre al Senato vengono respinte le pregiudiziali, risulta evidente come siano complesse le implicazioni della legge.
C’è un fronte cattolico chiuso e intransigente che rifiuta in blocco la svolta delle unioni civili, con o senza adozioni. È un fronte che ha tratto nuove energie dal grande raduno romano al Circo Massimo. Ma poi esiste un mondo più variegato e problematico, i “cattolici democratici” che militano nel Pd. Sono gli eredi diretti dei “cattolici adulti” di Prodi: coloro che a suo tempo avrebbero accettato i Dico e che oggi non vogliono condannarsi all’irrilevanza. Anche perché nella piazza di Roma, sabato scorso, c’erano anche i loro elettori. E se non erano lì, essi rappresentano comunque una sensibilità diffusa nel Paese.
Ne deriva che il tema delle adozioni resta il punto cruciale. Sul riconoscimento dei diritti alle unioni omosessuali questi cattolici che militano nel Pd non hanno più nulla da obiettare. E in fondo la loro posizione oggi si è avvicinata a quelli dei parlamentari di Area Popolare, che Alfano tiene ancorati alla maggioranza, sia pure su una linea di confine. Si parla di tutele civili e non di equiparazione pura e semplice al matrimonio, un tema su cui anche il Quirinale — come è noto — ha espresso molte riserve. Ma è credibile che ci sia spazio per una mediazione dell’ultima ora tale da riaprire il discorso sulle adozioni e imporre vincoli più rigidi circa il rischio del cosiddetto “utero in affitto” (illegale in Italia)?
Allo stato delle cose, no. In particolare, no ai centristi. Da giorni Renzi garantisce che il testo Cirinnà è definitivo e così sarà sottoposto al vaglio del Parlamento, salvo qualche minimo ritocco che non intacca l’architettura del provvedimento. Come sempre quando è alla vigilia di scelte impegnative, il premier-segretario teme più di ogni altra cosa il pantano, ossia il lento sprofondare della legge fra trabocchetti, veti incrociati e trattative senza sbocco. Di conseguenza, avendo avuto da giorni la garanzia che nessuno, a cominciare da Alfano, vuole mettere in crisi il governo, Renzi e il vertice del Pd tentano di chiudere la partita parlamentare in tempi ragionevoli. A maggior ragione adesso che le pregiudiziali sono state respinte e che una grande quantità di emendamenti è stata ritirata: prima quelli dei Cinquestelle e ora in una certa misura anche quelli della Lega.
La speranza di fondo è la stessa maturata negli ultimi giorni: che i “grillini” votino la legge e coprano i buchi della maggioranza. Potrebbero co-intestarsi un successo storico, uno dei momenti che cambia il costume nazionale. Ma è anche vero che al M5S si richiede un salto di qualità politica, perché da un punto di vista più tradizionale, legato al gioco parlamentare, un partito di opposizione anti-sistema punta solo al fallimento della maggioranza. Si vedrà. Ieri il gruppo di Denis Verdini ha compiuto un passo decisivo verso il sostegno della legge: e anche questo va interpretato come il segno che i numeri sono sul filo e Renzi è preoccupato.
Si capisce, e non da oggi, che le posizioni dei “cattolici democratici” all’interno del Pd rischiano di non essere ascoltate. Ma di fatto il Parlamento deve ancora cominciare e tutto è possibile. Come diceva ieri, in un’intervista all’”Unità”, Pierluigi Castagnetti: «Va ribadito il principio culturale per cui non c’è un diritto della coppia ad avere figli, ma c’è il diritto dei figli ad avere genitori». Si potrebbe aggiungere che c’è l’interesse del Pd a non allargare la frattura fra laici e cattolici.