Corriere 3.2.16
Un fronte anti Italia sulla flessibilità «La Ue ha già dato»
Ppe e Pse attaccano. Renzi: niente lezioncine
di Marco Galluzzo
«L’Unione
Europea ha già dato». Si consolida un fronte anti Italia sul tema della
flessibilità, così da rendere sempre più difficile il dialogo. A
Bruxelles viene attaccato il nostro presidente del Consiglio. Lui
replica, e non in modo positivo, più volte al giorno. «Niente
lezioncine, per favore». Ieri sono stati prima il capogruppo del Ppe nel
Parlamento europeo, Manfred Weber, vicino alla cancelliera tedesca
Merkel, della famiglia politica opposta a quella di Renzi, poi il
commissario europeo all’Economia, il francese Pierre Moscovici, a
mettere nel mirino l’Italia e il governo italiano.
ROMA Ormai è
come un dialogo fra sordi, uno scontro quotidiano e tutto politico. A
Bruxelles si parla, e non in modo positivo, del nostro premier. Lui
replica, e non in modo positivo, più volte al giorno. Ieri sono stati
prima il capogruppo del Ppe nel Parlamento europeo, Manfred Weber,
vicino alla Merkel, della famiglia politica opposta a quella di Renzi,
poi il commissario europeo all’Economia, il francese Pierre Moscovici, a
mettere nel mirino l’Italia e il governo italiano.
«C’è una cosa —
ha dichiarato Moscovici — che non capisco: il perché sui dossier di
bilancio siamo in una controversia con il governo italiano, quando
l’Italia è già il Paese che beneficia di più flessibilità, rispetto al
resto della Ue. Poi la discussione proseguirà, ma non si può senza sosta
aprirne di nuove, di discussioni sulle flessibilità». In serata ha
precisato che «il dialogo con le autorità italiane sulle nuove spese per
i rifugiati o la lotta al terrorismo, rimane aperto» e «poiché lo
scontro tra Italia ed Europa è inutile, dobbiamo cercare il compromesso
dove possibile, è questo quello che farò». Ma questo non appare
sufficiente a rasserenare il clima.
Anche perché prima di lui era
stato Manfred Weber ad affermare: «La Commissione europea negli ultimi
anni ha dato massima flessibilità. Ma ora anche i commissari socialisti,
penso a Moscovici, constatano che non ci sono più ulteriori margini per
maggiore flessibilità». La maggiore flessibilità cui alludono sia il
parlamentare che il commissario sono quei punti di deficit in più su cui
l’Italia, in primo luogo per le spese sostenute per l’emergenza
migranti, ha chiesto un’autorizzazione. Una risposta, che per i nostri
conti pubblici vale diversi miliardi di euro, arriverà solo in
primavera, quando sarà fatta una verifica completa sugli «scontrini»,
per così dire, presentati da Roma; una tempistica, oltre che un metodo,
che per Renzi sono degni di un romanzo kafkiano.
Anche ieri il
presidente del Consiglio, in visita di Stato in Ghana, ha tuonato contro
Bruxelles «perché non prendiamo più lezioncine dai nostri amici
europei». In primo luogo Renzi accusa l’Ue di non capire il «valore
strategico» del continente africano: «L’Unione è nata per cambiare
insieme lo stato delle cose. Dobbiamo concentrarci insieme su una
strategia differente che possa cambiare il mondo. Non parlate solo di
immigrazione ma investite in Africa, investite per una diversa visione».
Poi
sono arrivati anche gli affondi. «Siamo in un momento in cui l’Europa
sembra essere tanto lontana dai valori dei padri fondatori. Se vogliamo
risolvere il problema dell’immigrazione serve una strategia di lungo
periodo non polemicucce da quattro soldi», dice al termine del suo
intervento al Parlamento ghanese, «è finito il tempo in cui l’Europa ci
dice cosa dobbiamo fare: noi diamo a Bruxelles venti miliardi e ne
riceviamo undici. Vogliamo lavorare ma non prendiamo lezioncine».
Arrivato in Senegal aggiunge: «L’Italia non può accettare l’idea di
un’Europa lontana dall’idealità e dai valori». Perché, secondo Renzi,
tutti «tranne i burocrati di Bruxelles» si sono accorti del cambiamento:
ormai la cornice rischia di non tenere più.