Repubblica 2.2.16
I timori della Bce “L’Europa vacilla”
di Tonia Mastrobuoni
NIENTE
 modifiche alle nuove regole per i salvataggi bancari che coinvolgono 
anche i risparmiatori. La Bce e la Commissione europea hanno chiarito 
ieri che il cosiddetto “bail in”, almeno per ora, non si tocca. Mario 
Draghi ha sottolineato che «bisogna assicurare un’attuazione coerente 
delle regole europee».
Il numero uno dell’Eurotower ha replicato 
così alla richiesta espressa sabato scorso dal governatore della Banca 
d’Italia, Ignazio Visco, di ripensare il regime appena entrato in vigore
 per le banche a rischio fallimento. Peraltro, una valutazione analoga è
 arrivata ieri dalla Commissione europea: «È troppo presto» per pensare 
ad una revisione della direttiva, ha fatto sapere la portavoce della 
Commissione per i servizi finanziari, Vanessa Mock.
Draghi ha 
anche ricordato i tasselli che mancano al completamento dell’Unione 
bancaria, dopo che la Vigilanza comune e il Fondo di risoluzione sono 
già stati avviati: «Un salvagente finanziario comune per il fondo unico 
di risoluzione (backstop), e soprattutto un sistema europeo di 
assicurazione dei depositi, in modo da «garantire che la fiducia sia 
ugualmente alta in tutti gli stati della zona euro. La Bundesbank e il 
governo tedesco stanno frenando sul fondo di garanzia che tutelerebbe i 
piccoli risparmiatori: il numero uno dell’Eurotower ha ribadito davanti 
ai parlamentari europei che invece è importante.
Il momento 
politico, ha dichiarato Draghi, è delicato: «Siamo indubbiamente in una 
fase in cui la coesione dell’Europa viene testata. Ed è fondamentale, 
secondo l’ex governatore della Banca d’Italia, che «la risposta sia 
europea». A partire dalla formulazione di un accordo, cui si sta 
lavorando anche in queste ore, che riesca a mantenere la Gran Bretagna 
«saldamente ancorata alla Ue», ma anche da riflessioni che consentano 
all’eurozona di «integrarsi di più».
Draghi ha preparato inoltre 
il terreno per la prossima mossa di politica monetaria, annunciata per 
la riunione del Consiglio direttivo del 10 marzo. Il quadro economico, 
ha ribadito, si sta nuovamente deteriorando da dicembre: le dinamiche 
dell’inflazione «sono più deboli di quanto atteso», e anche se un 
recupero «moderato» è in corso, trainato dalla ripresa interna, «i 
rischi al ribasso sono di nuovo aumentati per l’incertezza sulle 
prospettive di crescita delle economie emergenti, volatilità dei mercati
 e rischi geopolitici». È per questo, ha ricordato, che «nell’ultimo 
meeting a gennaio abbiamo deciso di rivedere e forse riconsiderare la 
nostra politica monetaria. Tra poco più di un mese la maggior parte 
degli analisti si attende un intervento sul “quantitave easing”, 
sull’acquisto di titoli privati e pubblici da 60 miliardi di euro al 
mese, oppure un ulteriore taglio dei tassi. Replicando ai parlamentari 
che gli hanno ricordato che non sono molti gli strumenti di politica 
monetaria rimasti nella “cassetta degli attrezzi” dei guardiani 
dell’euro, Draghi ha difeso quanto fatto fino ad ora: «Se non avessimo 
agito, l’eurozona sarebbe stata in conclamata deflazione nel 2015 e la 
crescita sarebbe stata dell’1% più bassa». Insomma, le mosse di politica
 monetaria, ordinarie e straordinarie messe in campo finora per 
raddrizzare il cammino dell’inflazione e le storture dei mercati 
finanziari hanno agito «in maniera significativa se non addirittura 
spettacolare, ha scandito Draghi. Il presidete ha ricevuto una domanda 
sulle banconote da 500 euro il cui uso può aiutare criminali e 
terroristi: «La Bce sta considerando la questione da tempo - ha 
risposto- e un lavoro tecnico è in corso. Vogliamo fare dei cambiamenti,
 ma in modo ordinato»
 
