Il Sole 2.2.16
Migranti, nuovo scontro Renzi-Bruxelles
Lettera di Juncker: fondi alla Turchia fuori deficit, già deciso - Il premier: non esistono profughi di serie A e di serie B
di Beda Romano
Bruxelles
 Continua a non passare giorno senza che tra Bruxelles e Roma vi sia un 
botta-e-risposta. Dinanzi alle affermazioni del governo italiano dei 
giorni scorsi, Bruxelles ha confermato ieri che i contributi nazionali 
al pacchetto finanziario a favore di Ankara saranno scomputati dal 
calcolo del deficit ai fini del patto di stabilità. Per tutta risposta, 
il premier Matteo Renzi ha finalmente confermato che l’Italia sosterrà 
la Turchia - non senza risparmiarsi un nuovo attacco alle istituzioni 
comunitarie.
«I Paesi membri sono a conoscenza da dicembre che la 
Commissione europea non considererà i contributi nazionali allo schema 
di sostegno alla Turchia per la gestione della crisi migratoria ai fini 
delle regole del Patto», ha detto il portavoce della stessa Commissione 
Margaritis Schinas. La presa di posizione è giunta dopo che venerdì il 
premier aveva detto di aspettare una risposta da Bruxelles su questo 
fronte prima di dare il suo benestare finale al versamento italiano al 
pacchetto turco.
Sempre ieri, la Commissione ha poi fatto 
trapelare una lettera inviata dal presidente Jean-Claude Juncker allo 
stesso premier . Nella missiva, di cui ha dato notizia l’agenzia Ansa, 
Juncker «conferma» la posizione di Bruxelles sul trattamento riservato 
ai contributi nazionali per il fondo alla Turchia. Sottolinea che la 
Commissione ha «concordato» che tali contributi «non saranno calcolati 
nel deficit» e ricordato in tal senso «una dichiarazione formale» a 
livello diplomatico fatta il 18 dicembre.
Alla fine di novembre, i
 Ventotto si erano trovati d’accordo per versare 3 miliardi di euro di 
aiuti al governo turco per sostenerlo nel gestire e contrastare i flussi
 migratori provenienti dal Vicino Oriente. Secondo l'intesa, 0,5-1,0 
miliardi sarebbero venuti dal bilancio comunitario e 2,0-2,5 miliardi 
dai bilanci nazionali. L’Italia ha ostacolato la finalizzazione 
dell’accordo, chiedendo tra le altre cose certezze sul modo in cui il 
versamento verrà considerato ai fini del disavanzo.
«A questo 
punto - ha detto ieri Renzi da Accra, in Nigeria - noi daremo il nostro 
contributo alla Turchia per salvare esseri umani. Abbiamo salvato 
migliaia di vite mentre l’Europa si girava dall’altra parte. 
Continueremo a farlo, perché prima del patto di stabilità c’è un patto 
di umanità che noi non rinnegheremo mai. Se poi vogliono aprire una 
procedura contro l’Italia, facciano pure: noi andiamo avanti. Per noi, 
Europa significa valori e ideali, non polemiche da professionisti dello 
zero virgola. Non esistono profughi di serie A e profughi di serie B».
Si
 terrà domani qui a Bruxelles una riunione delle delegazioni nazionali 
durante la quale verrà discussa la questione. La speranza della 
Commissione è che a questo punto vi sia il benestare di Roma, come 
promesso ieri dallo stesso Renzi. Alcuni diplomatici si chiedono, 
tuttavia, se l’Italia continuerà a fare la voce grossa, pur di ottenere 
altro - se è vero che sul fronte del calcolo dei contributi nazionali 
alla Turchia ai fini del deficit da tempo non vi erano dubbi giuridici 
(si veda Il Sole-24 ore di sabato).
Di partite ancora aperte tra 
Roma e Bruxelles ve ne sono molte. Sul fronte del bilancio, l’Italia sta
 ancora aspettando un giudizio definitivo sulla Finanziaria per il 2016.
 Il governo ha presentato una legge di Stabilità controversa che non 
rispetta gli obiettivi di bilancio previsti a livello europeo e che 
chiede l’applicazione di una serie di clausole di flessibilità, legate 
agli investimenti pubblici, all’andamento dell’economia e alle spese 
affrontate a causa dell’emergenza rifugiati.
Su quest’ultimo 
aspetto, particolarmente controverso perché non previsto dalle ultime 
linee-guida del patto di stabilità, ieri la Commissione europea ha 
risposto, confermando una posizione ormai nota: Bruxelles valuterà la 
richiesta italiana «entro la primavera», ha ripetuto Annika Breidthard, 
portavoce della Commissione europea per gli Affari economici, ribadendo 
che sulle richieste di flessibilità per le spese sostenute «si valuterà 
caso per caso ed ex-post».
 
