Il Sole 2.2.16
La partita si gioca sui 3,3 miliardi di flessibilità migranti, sicurezza e cultura
di Dino Pesole
La
 partita con Bruxelles resa ora ancor più incandescente dalle nuove 
dichiarazioni di Matteo Renzi di ieri sera si gioca in realtà non sul 
“conteggio” dei 281 milioni del contributo nazionale alla Turchia, ma 
sui 3,3 miliardi della “clausola migranti”. In sostanza, su quella 
tranche di ulteriore flessibilità di bilancio che la legge di stabilità 
destina alle spese per sicurezza e cultura, su cui tuttora pende il 
giudizio della Commissione europea. Matteo Renzi, al termine 
dell'incontro di venerdì scorso a Berlino con Angela Merkel, ha 
sollecitato una risposta da Bruxelles sullo scorporo della quota diretta
 ad Ankara dal calcolo del deficit. E ieri da Bruxelles è arrivata la 
conferma: i contributi nazionali alla facility di sostegno alla Turchia 
per i migranti non saranno conteggiati ai fini delle regole del Patto di
 stabilità. Per la verità, Renzi e il ministro dell'Economia, Pier Carlo
 Padoan, nel sospendere momentaneamente il placet dell’Italia alla 
facility, avevano chiesto di ricorrere per intero ai fondi comunitari, 
mentre è previsto che si faccia fronte per 0,5-1 miliardi con il 
bilancio comunitario, e per 2-2,5 miliardi attraverso i bilanci 
nazionali. Ma l’ipotesi non ha trovato sponde a Bruxelles.
Se 
questo è lo stato del confronto in atto con la Commissione Ue, è del 
tutto evidente che il pressing del Governo punta ad altro. In poche 
parole al riconoscimento di una sorta di par condicio con la Germania 
che preme per sbloccare i 3 mld alla Turchia. Perché mai – questo il 
ragionamento del Governo -Bruxelles dovrebbe negare la flessibilità di 
bilancio chiesta dall’Italia, paese in prima linea con l’emergenza 
migranti? Posizione corretta in linea di principio. Il problema, emerso 
chiaramente nelle valutazioni a caldo, sia pure a livello informale, di 
esponenti dell’esecutivo comunitario a fronte della decisione assunta 
nel corso dell’esame parlamentare della legge di stabilità (in sostanza 
l’aumento motu proprio del deficit 2016 dal 2,2 al 2,4%), è che a 
Bruxelles (ma anche a Berlino) si avanzano dubbi sulla destinazione dei 
3,3 miliardi della clausola migranti. Sub iudice in particolare i fondi 
diretti alla cultura, in poche parole il miliardo qualificato da Palazzo
 Chigi come «identità italiana», tra cui spiccano i 300 milioni per i 
diciottenni, cui viene estesa la carta già predisposta per i docenti per
 consumi culturali (teatri, musei, concerti, libri), i 50 milioni per il
 diritto allo studio e i 150 milioni per finanziare il “due per mille” 
ad associazioni culturali. La domanda è cosa abbia a che fare questo 
finanziamento con la clausola migranti. Al Governo l’onere di dimostrare
 che il rafforzamento dell’identità italiana sia una delle carte da 
spendere per favorire l’integrazione dei richiedenti asilo, e che 
«polizia e cultura» – lo ha detto esplicitamente Renzi – sia la proposta
 che «l’Italia avanza con determinazione per far fronte alla barbarie».
Su
 questo aspetto tutt’altro che secondario del contenzioso in atto con 
Roma, la Commissione Ue per ora sospende il giudizio, in attesa di 
pubblicare giovedì le nuove previsioni macroeconomiche. La risposta alle
 richieste del governo italiano in merito alla flessibilità di bilancio 
(anche per quel che riguarda i 4,8 miliardi della clausola sugli 
investimenti) verrà comunicata «entro la primavera», fa sapere una 
portavoce dell’esecutivo comunitario. La valutazione sarà effettuata 
«caso per caso, ex post, dopo le spese». Se non prevarrà una lettura 
“ragionieristica”, ma un approccio più politico, il via libera non 
dovrebbe mancare. Al momento l’esito appare però tutt’altro che 
scontato.
 
