Corriere 2.2.16
Quell’azzardo del premier e il rischio di restare isolati
di Massimo Franco
Matteo
 Renzi non ha potuto fare altro che piegarsi al «sì» al finanziamento di
 tre miliardi di euro alla Turchia, chiesto dalla Commissione Ue. È il 
prezzo che l’Europa paga nella speranza che il governo di Ankara blocchi
 il flusso dei profughi verso il Nord Europa lungo la rotta balcanica: 
un problema che assilla l’opinione pubblica tedesca. Ma per l’Italia i 
rapporti con Bruxelles promettono di rimanere tesi, e forse di 
inasprirsi. La puntigliosità con la quale l’Ue ribatte a Renzi comincia a
 preoccupare.
È come se nelle cancellerie esistesse un accordo 
tacito per ribattere a Palazzo Chigi anche quando ha ragione. Un Renzi 
esasperato reagisce con nervosismo. Neppure ieri ha rinunciato a 
polemizzare con «i professionisti dello zero virgola», liquidando un’Ue 
«in mano a chi fa polemiche pretestuose». E arrivando a dire: «Il nostro
 mestiere è guidare l’Europa, non andare in qualche palazzo a Bruxelles a
 prendere ordini».
Sono parole destinate a irritare ulteriormente i
 destinatari. Ma sono indici anche di una larvata frustrazione, perché 
usate proprio mentre Renzi diceva sì ai soldi alla Turchia. Non a caso, 
dopo avere sottolineato che quei fondi erano esclusi dal calcolo del 
deficit nel patto di Stabilità, ha ricevuto una precisazione sferzante. 
Il portavoce della Commissione Ue ha ricordato che la cosa era stata 
chiarita già «a dicembre», dopo l’ultimo vertice europeo. Ed è stata 
diffusa una lettera del presidente Jean-Claude Juncker dagli stessi 
toni. In più, infastidisce l’insistenza del premier su un passato nel 
quale, a suo dire, i leader italiani «andavano a prendere ordini».
Viene
 considerato un giudizio ingeneroso; e il segno di una debolezza che 
Renzi tenta di trasformare in forza davanti all’elettorato. È forte la 
sensazione di un gioco arrischiato, che può facilitare l’isolamento 
dell’Italia. Eppure è lo stesso premier a indovinare «provocazioni» in 
agguato da parte di Bruxelles dove si parla «come se ci fossero vite di 
serie A e di serie B»: una «perversione burocratica» che declassa chi 
arriva dal Mediterraneo.
Ma il problema non sono i migranti di 
serie A o B. Cresce il sospetto di un accordo in gestazione tra Paesi 
nordeuropei per limitare il trattato di Schengen sulla libertà di 
movimento solo a Francia, Belgio, Lussemburgo, Germania e Austria. 
Tagliando fuori un’Italia relegata insieme con la Grecia nel ruolo di 
enorme campo di raccolta e identificazione dei profughi. È uno scenario 
ipotetico. Ma se qualcuno lo sta accarezzando, un muro contro muro che 
non tiene conto dei rapporti di forza potrebbe non contrastarlo ma 
accelerarlo . 
 
