lunedì 29 febbraio 2016

Repubblica 29.2.16
La sfida a Renzi non può limitarsi alla schermaglia di nomenklatura
Quel coraggio che manca alla minoranza dei Democratici
Sulle Unioni civili il voto di Ala ha sanato un ritardo italiano
Se vuole contare la sinistra lotti su migranti, lavoro, Libia e banche
di Stefano Folli

LA minoranza del Pd è di fronte al solito dilemma. Accettare con rassegnazione l’inesorabile declino e provare a tutelarsi quasi come una riserva indiana, ottenendo una quota di posti garantiti nelle prossime liste elettorali? Ovvero ribaltare il tavolo, sfidare il partito renziano (magari costituendo gruppi parlamentali autonomi) e tentare di costruire una nuova aggregazione a sinistra già nel corso di questo 2016?
Nulla di nuovo: sono interrogativi e dubbi che lacerano da tempo la corrente bersaniana. Si ripropongono ogni volta che in Parlamento la minoranza va incontro a una sconfitta. È accaduto con l’Italicum, con la riforma del Senato e adesso con la legge sulle unioni civili. Per meglio dire: non è la legge in sé a disturbare il gruppo anti-Renzi che anzi era favorevole alla formula originaria, più intransigente - quanto il fatto che sia stata approvata con l’apporto di Denis Verdini e della sua pattuglia di transfughi dal centrodestra. L’ingresso di costoro nell’area della maggioranza ha creato scandalo e provocato addirittura la richiesta di un congresso anticipato. Ovvia, anzi scontata, l’immediata risposta negativa dei portavoce renziani.
Per cui resta l’impressione di aver assistito a un gioco di prestigio verbale tutto interno al ceto politico: uno scambio polemico di corto respiro, attraverso cui la minoranza segnala la propria esistenza e chiede in modo implicito di non essere cancellata quando si tratterà di mettere in fila le candidature per le elezioni del 2018 (o forse 2017). Del resto, le unioni civili senza i voti di Verdini non sarebbero passate in Senato. Il che significa che una coalizione a corto di seggi ha ovviato alle difficoltà allargandosi verso il centro. E pazienza se questo centro nasce da un’operazione di abile trasformismo.
L’alternativa sarebbe stata nessuna legge sulle unioni civili. Peraltro Renzi e Verdini sono stati accorti: l’ingresso nel perimetro della maggioranza del nuovo gruppo non avviene su una legge scandalosa - del genere condono edilizio o simili -, bensì su un diritto di libertà a lungo atteso.
Non è facile a questo punto per la minoranza mettere a posto i vari tasselli senza cadere in contraddizione. Tanto più che le larghe intese con Berlusconi ci sono già state e il Pd le ha sostenute con qualche malessere, sì, ma in sostanza con determinazione. Oggi la metà circa del gruppo di Forza Italia è passata a sostenere un governo di centrosinistra. Prima Enrico Letta ha portato dalla sua parte Alfano; e ora Renzi fa lo stesso con Verdini. Nel complesso, fra Area Popolare e Ala, varie decine di parlamentari si sono ricollocati. È una manovra spregiudicata, ma la cui conseguenza immediata consiste nell’aver svuotato quello che era il maggior gruppo di opposizione.
Ne deriva che un’iniziativa contro il presidente del Consiglio fondata sulla “non presentabilità” della fazione verdiniana non sembra aver gambe per andare lontano. Se la sinistra del Pd vuole contare sul piano politico e delle idee, dovrà inventare qualcosa di più convincente. Altrimenti farà solo il gioco del premier-segretario fino alla propria estinzione. I temi per avviare un’azione di rottura, o forse solo per sfidare Renzi su terreni scomodi, non mancano. Ma la minoranza, che non è riuscita a farsi sentire sull’Italicum e solo in piccola parte sulla riforma costituzionale, deve scegliere un campo di gara più appropriato. In fondo, gli argomenti in grado di coinvolgere l’opinione pubblica non sono difficili da individuare: il possibile intervento in Libia, l’immigrazione, il rapporto fra ripresa economica e disoccupazione, il modo di stare in Europa. E senza dubbio la matassa aggrovigliata della riforma bancaria (vedi l’articolo sul “Foglio” di Massimo Mucchetti, dedicato in modo specifico ai nodi del credito cooperativo). È su questi punti che Renzi può essere indotto a prendere in considerazione la minoranza. Viceversa, i battibecchi fra i notabili politici appartengono a un’altra epoca e non cambiano la storia.