Repubblica 28.2.16
Cina
Debito alle stelle sprechi e repressione Il gigante economico si è ammalato
Dopo
 tre decenni di boom, la crescita si è fermata facendo emergere tutti 
gli errori del Partito che ora deve affrontare anche un forte disagio 
sociale
di Moisés Naím
PER 35 anni, l’economia 
cinese è cresciuta in media a ritmi superiori al 10 per cento annuo. In 
pratica, ogni sette anni la ricchezza del colosso asiatico raddoppiava. 
Grazie a questa crescita, oggi la Cina è un paese diverso da quello che è
 stato per secoli. È una trasformazione evidente non solo nelle sue 
moderne città, nel suo enorme settore industriale, nelle sue 
esportazioni o nel fatto che è l’economia più grande del mondo: il 
cambiamento più importante è che 500 milioni di cinesi sono usciti dalla
 povertà. Nel 1981, quando furono avviate le riforme economiche, l’85 
per cento della popolazione viveva in condizioni di miseria, mentre 
adesso i poveri non superano il 7 per cento. Il progresso della Cina si è
 irradiato anche al resto del mondo: il Celeste Impero è diventato il 
principale compratore di materie prime, uno dei grandi esportatori di 
prodotti lavorati, il maggiore acquirente di obbligazioni occidentali e 
un importante investitore, soprattutto nei paesi meno sviluppati. Oggi 
si può applicare alla Cina quello che tante volte è stato detto degli 
Stati Uniti: se Pechino starnutisce, il mondo si prende il raffreddore. E
 di questi tempi l’economia cinese non si limita a starnutire: è malata a
 tutti gli effetti.
I SINTOMI
Sono tanti. Il più evidente è 
che nel 2015 l’economia è cresciuta ai ritmi più bassi da 25 anni a 
questa parte. E sono 4 anni, ormai, che la crescita è regolarmente 
inferiore all’anno precedente. Poi è arrivato il tracollo della Borsa e 
una caotica svalutazione della moneta, seguita da un’imponente fuga di 
capitali: solo a gennaio sono partiti verso altri lidi 110 miliardi di 
dollari, mentre in tutto il 2015 il flusso netto di capitali verso 
l’estero è stato di 637 miliardi, una somma senza precedenti e un grave 
indicatore di sfiducia. Una popolazione che mediamente risparmia il 30 
per cento del suo reddito vede calare il valore della moneta e 
preferisce mettere al sicuro i suoi risparmi fuori dal paese. Ma il 
sintomo più preoccupante di tutti è il debito immenso che si sta 
accumulando: nel 2007 era a una volta e mezza le dimensioni dell’intera 
economia, ora si è triplicato. L’indebitamento principale si registra 
nelle amministrazioni locali, che hanno finanziato la costruzione di 
un’enorme quantità di opere infrastrutturali ingiustificabili e rimaste 
incompiute. Ora il governo centrale è obbligato ad assorbire queste 
perdite, e la conseguenza sarà un aumento del deficit di bilancio.
CHE COSA È SUCCESSO?
Com’è
 stato possibile che le cose si siano complicate a tal punto? La 
risposta si riassume in due parole: boom e crisi. Quando un’economia 
cresce ad alta velocità per tre decenni, crescono anche gli sperperi e 
gli sprechi, i cattivi investimenti, la corruzione e tanti errori che il
 boom consente di nascondere o ignorare. D’altro lato, la crisi mondiale
 che è scoppiata nel 2008 ha indotto le autorità cinesi a lanciare il 
più grande piano di stimoli economici della storia. L’obiettivo era 
impedire che Stati Uniti ed Europa contagiassero la sua economia: la 
crescita sostenuta andava mantenuta a qualsiasi costo. E così è stato. 
Ma questo sforzo ha alimentato le distorsioni che oggi la affliggono.
CHE SUCCEDERÀ?
La
 Cina deve abbandonare un’economia basata sugli investimenti 
(soprattutto in infrastrutture) e le esportazioni di prodotti lavorati e
 passare a un modello fondato sui consumi interni e la crescita dei 
servizi. Per riuscirci, è necessario che il Governo porti avanti riforme
 che nell’immediato sono impopolari, ma che instraderebbero il paese su 
una traiettoria sostenibile. Purtroppo, non sembra che tutto questo 
succederà a breve. Il primo ministro, Li Keqiang, ha appena lanciato 
un’intensa campagna «informativa» finalizzata a spiegare che l’economia 
va bene e che i problemi sono soprattutto di «comunicazione». Ma la 
censura e la propaganda non alleviano le difficoltà, al contrario: il 
più delle volte le aggravano. Quindi, la Cina si incarterà? Sì. Si è già
 incartata. E si incarterà ancora di più. Il patto sociale fra il 
Partito comunista e la popolazione finora era che la gente, in cambio di
 lavoro e salari migliori, accettava passivamente la mancanza di 
libertà. Non sarà facile tenere in piedi in questo patto. Ci sono già 
una serie di micro-eventi significativi.
IL PARTITO COMUNISTA REPRIME GLI OPERAI
Nel
 2015 ci sono stati 2.774 scioperi, il doppio del 2014. L’aumento della 
conflittualità ha spinto il governo a esercitare una forte repressione 
contro i leader dei lavoratori. Gli osservatori internazionali segnalano
 che la repressione contro i sindacati in Cina è aumentata (anche se 
attacchi e pressioni da parte del governo sono sempre stati la norma: 
verifiche fiscali, violenza mafiosa, vessazioni da parte della polizia 
ecc.). Un articolo sul Washington Post conclude così: «È un crudele 
paradosso che il Partito comunista reprima i lavoratori ».
IMPRENDITORI CHE SPARISCONO
Guo
 Guangchang viene chiamato il Warren Buffet cinese. È un miliardario che
 controlla la più grande impresa privata cinese, la Fosun. A dicembre, 
Guo è scomparso. La versione ufficiale era che stava «collaborando a 
certe indagini delle autorità». Qualche giorno dopo, e senza ulteriori 
spiegazioni, è ricomparso per presiedere l’assemblea degli azionisti 
della Fosun. A Yang Zezhu, uno dei personaggi più in vista nel settore 
finanziario cinese, è andata molto peggio: a gennaio si è buttato da una
 finestra lasciando un bigliettino in cui spiegava di averlo fatto 
perché il Partito stava indagando su di lui per «ragioni personali ». 
Sono solo due esempi di un numero sorprendentemente alto di imprenditori
 di primo piano che sono spariti, hanno improvvisamente rinunciato, sono
 emigrati o sono stati arrestati. La lista include il fior fiore 
dell’imprenditoria cinese. È risaputo che una delle priorità del 
presidente Xi Jinping è la lotta contro la corruzione. E la sparizione e
 detenzione di imprenditori è una manifestazione di questa crociata. Ma è
 anche il segnale che è usata come strumento per eliminare possibili 
rivali.
ANCHE I LIBRI SPARISCONO…
Quelli contabili, 
innanzitutto. Poco tempo fa, la polizia ha dovuto usare due 
retroescavatori per tirar fuori da un buco profondissimo 1.200 registri 
che contenevano la contabilità di una delle più grandi truffe cinesi: la
 finanziaria Ezubao prometteva il 15 per cento annuo di rendimento, 
novecentomila persone si sono fidate e hanno perso 7,6 miliardi di 
dollari. Poi ci sono editori, librai e scrittori. Come Lee Bo, 65 anni, 
cittadino britannico con residenza a Hong Kong, che è sparito a 
dicembre. Sua moglie ha denunciato alla polizia che era stato 
sequestrato e portato a Pechino. Qualche giorno dopo, ha ritirato la 
denuncia e ha spiegato che suo marito era andato a Pechino di sua 
volontà per aiutare la polizia in un’indagine. Di altre quattro persone 
legate alla casa editrice non si hanno notizie dallo scorso anno. 
Piccolo particolare: la casa editrice pubblica libri critici nei 
confronti della dirigenza cinese. Un altro editore, Yiu Man, di 73 anni,
 stava preparando la pubblicazione di un libro intitolato “Il padrino Xi
 Jinping”, scritto dal dissidente Yu Jie. Ma non è riuscito a 
pubblicarlo, perché è stato condannato a 10 anni di carcere per aver 
portato alcune bottiglie di vernice industriale da Hong Kong a Shenzhen 
senza pagare le tariffe doganali...
SPARISCONO ANCHE LE PAROLE E I NUMERI
Il
 professore Francis Fukuyama ha appena individuato le parole che sono 
sparite dall’edizione cinese del suo ultimo libro. Per citarne alcune: 
«Mao», «le proteste di Tienanmen», «la grande carestia», «corruzione» e 
«Stato di diritto». C’è anche una lunghissima lista di parole che non 
compaiono nei motori di ricerca di Internet o si cancellano se qualcuno 
le scrive sui social network. Sono spariti anche dati statistici 
indispensabili per valutare la situazione economica, e altri sono stati 
chiaramente contraffatti. Riassumendo: censura, propaganda, occultamento
 di informazioni, pressioni, incarcerazione di dissidenti, attivisti, 
imprenditori e chiunque protesti contro il governo. Sono alcune delle 
risposte di Pechino alle conseguenze sociali e politiche della sua crisi
 economica. I governi di solito aggravano la crisi con le loro reazioni.
 Questo è un esempio.
(Traduzione di Fabio Galimberti)