Il Sole 28.2.16
Le potenzialità nascoste nel rischio Cina
di Rita Fatiguso
I
 cambiamenti strutturali della seconda economia mondiale potrebbero 
andare a vantaggio di America Latina e Italia per un’ampia gamma di 
prodotti, a partire dall’agroalimentare
Le possibili conseguenze 
della crisi cinese sono il convitato di pietra di questo G-20 
finanziario. Pro domo sua, il governatore della Banca centrale cinese, 
Zhou Xiaochuan, ha abilmente glissato. 
L’urgenza di arrivare a 
una conclusione del vertice sembra aver fatto il resto, lasciando sullo 
sfondo il tema delle prospettive dell’economia di Pechino, appese ai 
tempi lenti delle riforme strutturali e al deterioramento del contesto 
globale. Ma chi ha paura di una Cina indebolita e chi, invece, 
nonostante ciò potrebbe approfittarne? 
Come ha registrato Il Sole
 24 Ore, all’apertura del G-20 la Banca dei Brics (New Development Bank)
 ha fatto un ulteriore passo in avanti e ieri, a testimoniarlo, c’era il
 ministro degli Esteri cinese Wang Yi, arrivato direttamente dalla 
capitale cinese per presenziare alla sigla di un importante contratto 
con i massimi rappresentanti di Brasile, Sudafrica, Russia, India. 
Tutto
 ciò nonostante il fatto che si tratti di Paesi a rischio contagio, 
specie quelli come la Russia che – lo ha ricordato il direttore del 
Fondo Monetario, Christine Lagarde nella conferenza stampa di chiusura 
del vertice – dipendono dall’export di prodotti petroliferi.
Il 
rallentamento della Cina va visto nell’ottica di un riequilibrio della 
struttura economica, in futuro maggiormente orientata sui consumi, meno 
su export e investimenti. Ma c’è di più. A dirlo è il “Focus on” 
dell’ufficio studi di Sace sul rallentamento cinese che il Sole 24 Ore è
 in grado di anticipare, analizzando le potenzialità nascoste di questa 
crisi cinese. 
L’aggiustamento di Pechino ha un impatto 
sull’economia globale e, in particolar modo, su alcune economie 
dell’America Latina che subiscono una flessione delle proprie 
esportazioni di commodity, specie minerarie. Ma gli effetti – avvisano 
gli economisti di Sace - non sono uguali per tutti: il ribilanciamento 
cinese puo rappresentare un vantaggio per i Paesi esportatori di quei 
prodotti in prima linea agroalimentari la cui domanda proveniente dal 
mercato cinese è, invece, prevista in accelerazione.
Chi può 
trarne vantaggio, dunque? Tra i beneficiari ci sono non solo alcuni 
Paesi dell’America Latina ma, più in piccolo, anche l’Italia. Bisogna 
quindi sfruttare l’evoluzione delle abitudini alimentari dei cinesi 
esportando beni alimentari lavorati di alta qualita; fornire macchinari 
per la lavorazione delle materie prime agricole utili a incrementare la 
produzione di quei beni della terra (materie prime e semilavorati) che, 
in prospettiva, potrebbero essere appetibili per la Cina.
Il 
governo cinese ha l’obiettivo di ridurre il peso degli investimenti sul 
Pil (pari a circa il 50%) e di affrontare i problemi di carattere 
ambientale, legati a un intenso utilizzo del carbone come fonte di 
energia primaria, attraverso maggiori stimoli ai consumi interni (a 
discapito di investimenti ed esportazioni), la produzione di beni di 
qualita piu elevata e lo sviluppo del settore dei servizi, il ricorso a 
fonti rinnovabili per l’energia.
Quali sono le possibili conseguenze di questa strategia?
Innanzitutto
 un rallentamento della crescita, tuttavia lo stimolo ai consumi interni
 e l’urbanizzazione porteranno ad un cambiamento nelle abitudini 
alimentari: i beni primari (come riso e soia) saranno in parte 
sostituiti da prodotti alimentari lavorati (formaggi, carne); 
l’obiettivo di produrre beni a piu alto valore aggiunto causera una 
minore domanda di metalli di base impiegati nell’industria pesante, in 
favore di metalli utilizzati nella produzione di beni di consumo (come 
zinco e alluminio); l’attenzione alla salvaguardia ambientale portera a 
un maggior ricorso alle energie rinnovabili e al gas naturale in 
sostituzione del carbone.
Tra i Paesi che subiranno gli effetti 
del cambio di rotta della Cina ci sono quelli dell’America Latina, 
principali fornitori di materie prime al mercato cinese. 
Il nuovo
 modello di crescita cinese potrebbe avere effetti diversi sui Paesi 
latinoamericani, a seconda del bene esportato e del grado di dipendenza 
di questi Paesi dal commercio internazionale. Oggi la Cina e gia il 
quarto produttore mondiale di soia, l’aumento delle importazioni (dal 
65% al 71% del totale dell’import mondiale di soia), e? sensibile. La 
fascia di popolazione con reddito medioalto residente nelle aree urbane 
sta cambiando abitudini alimentari, aumentando l’export di beni lavorati
 di alta qualita in Cina. E bisogna fornire, inoltre, macchinari per la 
lavorazione delle materie prime agricole ai Paesi latinoamericani che 
cercano un aumento di produttivita per quei beni agricoli che, in 
prospettiva, potrebbero trarre vantaggio dal nuovo scenario economico 
cinese.