Repubblica 28.2.16
Il regista Keywan Karimi
“Ma sul fronte dei diritti nessun progresso”
La
gente continua a essere arrestata per le sue iniziative intellettuali.
Cinque persone sono state condannate a 15 anni perché leggevano libri in
gruppo
intervista di Alessandra Baduel
«NON
vedo cambiamenti per i diritti umani, credo nella democrazia, ma ho
paura che possa esserci anche questa volta un grosso fraintendimento».
Il regista Keywan Karimi, 30 anni, pochi giorni fa ha visto confermata
in appello la sentenza che lo condanna per propaganda contro il governo a
223 frustate e un anno di carcere. La mobilitazione internazionale dei
mesi scorsi è riuscita a influire solo sugli anni comminati, che erano
sei, per i contenuti del documentario Writing on the City, dedicato alle
scritte sui muri di Teheran dal 1979 a oggi. In attesa che lo vadano a
prendere, Karimi sta girando un nuovo documentario, questa volta sulla
propria storia, incluse le cure di chemioterapia di sua madre. Risponde
dopo un’altra giornata di riprese in giro per la capitale.
Contento del voto a favore dei riformisti?
«Non riesco a esserlo. Diciamo che non credo nel modo iraniano di fare elezioni, e non ho votato».
Ma i giovani sono andati in molti a votare, con grandi speranze.
«Questo
governo però sta continuando ad arrestare le persone per le loro
attività intellettuali. C’è qualche cambiamento che riguarda le
sanzioni, ma io non ho ancora capito perché devo andare in carcere: nel
mio lavoro mostravo materiale d’archivio datomi proprio da istituzioni
ufficiali. E mi è andata bene, anche se ho avuto la condanna al maggior
numero di frustate della nostra storia: se non riuscirò a evitarle,
magari con l’aiuto dei medici, batterò il Guinness dei primati. Un anno
di carcere però è nulla: cinque persone pochi giorni fa sono state
condannate a 15 anni per la stessa imputazione. Le loro colpe? Leggere
libri in gruppo, per esempio».
Non ha fiducia in Rouhani o in Rafsanjani?
«Sono
in politica da tanto, fanno parte della vecchia gerarchia del potere.
Le vere novità potrebbero darcele solo nuovi politici».
Lei è stato all’estero per ricevere dei premi cinematografici dopo essere uscito su cauzione: perché è rientrato in Iran?
«Credo nel mio paese, bisogna stare qui — essere di esempio».