Repubblica 27.2.16
Il piano della Commissione per aggirare il no dell’Est
“Ripartizione obbligatoria”
Ma Bruxelles valuta anche il piano B: limitarsi a prevedere deroghe valutate caso per caso
di Alberto D’argenio
ROMA.
Sarà l’8 marzo, festa della donna, il giorno decisivo per l’Europa. Tra
due martedì la Commissione europea di Jean-Claude Juncker presenterà il
nuovo, ultimo, piano per cercare di risolvere la crisi dei migranti. Un
estremo tentativo di salvare Schengen e di evitare la disintegrazione
politica dell’Unione. E nel farlo, questo l’accordo di ferro raggiunto
ieri a Palazzo Chigi tra Renzi e Juncker, Bruxelles potrà contare
sull’appoggio italiano.
La situazione sul terreno ormai è
disperata tra muri, quote di ingresso e governi spaccati. In pochi
giorni l’Europa si gioca le speranze di trovare una soluzione. Il 7
marzo a Bruxelles il vertice tra i capi di Stato e di governo
dell’Unione e il premier turco Ahmet Davutoglu. Ankara ha ricevuto 3
miliardi dall’Ue per ospitare i due milioni di siriani sul suo
territorio e chiudere la rotta dell’Egeo che li porta in Grecia e da lì
nel resto del continente. Ma finora i flussi non si sono arrestati.
Dunque gli europei presseranno Davutoglu perché tenga fede agli impegni
sponsorizzati direttamente da Angela Merkel, che sui migranti si gioca
la carriera.
Ma il giorno successivo sarà quello del tentativo di
rimettere insieme i cocci di un’Europa spaccata, con i governi dell’Est
che hanno bloccato ogni soluzione comunitaria alla crisi portando
capitali ospitali, come Vienna, a chiudersi e peggiorare la situazione.
Nel chiuso di Palazzo Chigi Juncker ha annunciato a Renzi che l’8 marzo
la Commissione approverà una nuova Comunicazione sui migranti.
L’obiettivo è quello di abolire le regole di Dublino che impongono al
Paese di primo ingresso (Grecia e Italia) l’obbligo di processare le
richieste di asilo, ospitare chi ha diritto allo status di rifugiato e
rimpatriare gli altri. Il tema più controverso tra i governi, osteggiato
da Polonia, Ungheria, Slovacchia e baltici che hanno affondato la
ripartizione d’emergenza di 160mila migranti approvata a ottobre. Ora
Juncker punta ad andare oltre, a rendere obbligatorie ed efficaci le
riallocazioni. Superare il principio di Dublino, redistribuzione
automatica tra i 28 appena i rifugiati entrano in Europa. Il secondo
Paese ne processa le domande di asilo e poi procede ai rimpatri o smista
i rifugiati sul suo territorio o su quello di un terzo Paese secondo
regole ferree. Ma il clima politico in Europa è pessimo. Ragion per cui
in queste ore a Bruxelles si pensa di inserire nella Comunicazione anche
un’altra opzione, decisamente meno ambiziosa, per europeizzare la
crisi: il principio del Paese di prima accoglienza resta valido, ma può
essere derogato caso per caso. Il che significherebbe andare a sbattere
ogni volta contro i paesi dell’Est. Le opzioni sarebbero poi testate al
vertice dei leader del 18 marzo. Quindi, a seconda dell’esito politico
del summit, ad aprile una delle due soluzioni sarà adotata come vera e
propria proposta legislativa dalla Commissione e presentata ai governi,
che la dovranno approvare. Ieri Renzi ha garantito a Juncker l’appoggio
italiano e lo ha spinto a scegliere la via più ambiziosa. Con lui ci
sarà anche la Merkel.
La partita è aperta, il premier ha anche
chiesto garanzie sul fatto che se a maggio Schengen verrà sospesa per
due anni Bruxelles vigili affinché non ci siano abusi nella chiusura
delle frontiere da parte degli altri paesi (l’Italia teme di rimanere
isolata come la Grecia). Juncker non solo ha dato garanzie, ma ha anche
annunciato che nei prossimi giorni lancerà una dura iniziativa politica
contro chi prende decisioni unilaterali, respinge i migranti, chiude le
frontiere e lavora a una mini-Schengen. Ha anche assicurato che in caso
di ripristino dei controlli alle frontiere interne per due anni avrà un
piano per evitare che Schengen venga spazzata per sempre.
E
intanto Bruxelles lavora a un piano di aiuti umanitario per la Grecia da
lanciare, se necessario, già nei prossimi giorni: la Commissione
finanzierà il governo Tsipras, l’Unhcr e le Ong per aumentare le
strutture di accoglienza, per pagare gli alberghi che ospitano i
migranti e per garantire loro vestiti e medicinali. La prima volta dalla
seconda guerra mondiale che un paese europeo riceve aiuti umanitari.