sabato 27 febbraio 2016

Repubblica 27.2.16
Pechino rassicura “Non svalutiamo” Berlino: più rigore
Al G20 Schaeuble rifiuta l’idea Usa di stimoli fiscali. Fmi chiede riforme
di Giampaolo Visetti

SHANGHAI. I Grandi concordano sulla diagnosi, ma non condividono la terapia. L’economia globale è oggi «altamente vulnerabile » e la crescita «più debole del previsto»: per guarire però alcuni invocano «riforme strutturali» e basta, mentre altri aprono a «tutti gli strumenti a disposizione», da quelli monetari alla leva fiscale. Così a Shanghai, cuore della bolla finanziaria cinese che preoccupa le Borse mondiali, il G20 si spacca. Il fronte del rigore è guidato dalla Germania. Quello della flessibilità ha come leader Usa e Giappone, ma conta anche il Fondo monetario, l’Italia e le economie in via di sviluppo, più esposte alla frenata. Ministri delle Finanze e governatori centrali, riuniti sulle rive dello Yangtze, lavorano per un documento comune, da presentare oggi. I mercati in fibrillazione pretendono un accordo, ma si annuncia una mediazione senza slanci, per affrontare insieme nel breve periodo le emergenze più acute e non far deragliare in partenza il G20 dei leader, sempre in Cina a settembre.
Dai grattacieli di Pudong suona però forte l’allarme. La crescita mondiale 2016 continua a rallentare, dal 3,4% si è scesi al 3,3 e presto si potrebbe atterrare al 3%. La volatilità dei mercati resta estrema, per le Borse è il peggior primo bimestre dell’anno dal 2009. Il rallentamento della crescita cinese, tra il 6 e il 6,5%, trascina giù tutti gli emergenti e le materie prime, con il petrolio crollato a 30 dollari il barile, nonostante il parziale recupero di ieri. Sotto i riflettori c’è Pechino: le sue Borse da luglio hanno perso il 40%, agosto e gennaio sono stati segnati dagli shock della svalutazione dello yuan, il pressing per «migliorare la comunicazione» sottende il sospetto che anche i dati della crescita, minata dalla sovra-capacità, siano truccati. Tocca al governatore della Banca centrale Zhou Xiaochuan rassicurare ospiti che rappresentano oltre l’80 dell’economia globale. «I fondamentali cinesi restano solidi – dice – non ci sono le condizioni per una svalutazione dello yuan che rilanci l’export. La Cina è nella nuova normalità, la velocità della crescita rallenta, ma qualità e sostenibilità migliorano. Le riforme monetarie e finanziarie proseguono, sostenute dai consumi interni ».
Le Borse europee apprezzano la smentita di una corsa globale alla svalutazione competitiva, ma Usa e Ue diffidano: Pechino non esclude un nuovo intervento sui tassi, la fuga di capitali all’estero sembra imporre uno yuan debole per essere fermata. Il messaggio della Cina è che la seconda economia mondiale non è più nelle condizioni di trainare la crescita da sola e chiede «più coordinamento ». Stesso avvertimento dagli Usa, con Jack Lew che avverte come la ripresa americana «non può risolvere i problemi per tutti». Assieme a Parigi, Washington nega «che lo scenario sia da crisi» e dunque frena sulle «risposte da crisi». Ma chiede di usare «gli strumenti, fiscali, monetari e politici per sostenere economia e domanda».
La posizione è condivisa dalla Bce e anche dall’Italia. «La Banca centrale europea – dice il governatore Ignazio Visco anticipando le misure promesse da Draghi per il 10 marzo – vigilerà sull’inflazione e userà tutti gli strumenti a disposizione per mantenere una politica monetaria accomodante, con l’obbiettivo di assicurare la stabilità dei prezzi e contro i rischi al ribasso per l’attività reale». È la risposta ai richiami al rigore del ministro delle Finanze tedesco: «Berlino è contro un nuovo piano di stimoli fiscali del G20 – dice Schaeuble – scorciatoia controproducente che distrae dal vero compito. È l’ora delle riforme strutturali, non quella di una finta crescita fondata sui debiti». A Shanghai lo scontro è su questo: allentamento fiscale e monetario tramite l’indebitamento di Stato, oppure riforme strutturali e finanziamento di grandi infrastrutture, con il sostegno al piano Juncker per la Ue. «Basta trucchi, i governi facciano le riforme», prova a mediare il direttore del Fondo monetario Christine Lagarde. Per poi aggiungere: «Servono azioni multilaterali coraggiose per stimolare la crescita e contenere i rischi macro-economici e politici ».
Londra, ostile ai tassi negativi di Ue e Giappone, preme così affinché nel documento finale entri anche un riferimento contro la Brexit, mentre Pechino lavora per una mediazione accettabile per tutti e rassicurante per le Borse. La Cina vuole oggi una «ricetta G20» per «una crescita globale forte, sostenibile ed equilibrata». Qualcosa cederanno tutti: a Shanghai lo spettro estremo di una «guerra delle valute», visto il quadro pronta a trasformarsi nella «tempesta perfetta», non risparmia nessuno.