Corriere 27.2.16
Tanta memoria super mente? No
Il metodo per migliorare il meccanismo del ricordo esiste e funziona
Ma diventare un genio non è così facile
di Anna Meldolesi
Simonide di Ceo, il poeta greco utilizzò la tecnica dei «loci» per identificare i commensali morti
L’ippocampo immagazzina dati rapidamente, ma poi vanno consolidati Ireneo
Funes è un indimenticabile personaggio ipermnestico creato da Borges
«Metti
il turbo alla tua mente». «Genio in 21 giorni». «Il segreto di una
memoria prodigiosa». «L’arte di ricordare tutto». A giudicare dai titoli
in vendita su Amazon, sgobbare sui libri è out. L’apprendimento è
diventato smart. Manuali, dunque, ma anche software, corsi dal vivo,
campionati della mente. Tutto cospira per farci credere che
intestardirsi a leggere, sottolineare, rileggere e ripetere sia
un’inutile perdita di tempo. Che armati delle giuste tecniche mnemoniche
avremmo potuto laurearci in metà tempo, scalare la gerarchia aziendale,
sbalordire gli amici recitando libri interi.
La maggior parte
delle persone è convinta che l’affermazione «usiamo solo il 10% del
cervello» sia validata dalla scienza, ma è solo una leggenda. Credere di
avere un enorme potenziale non sfruttato è confortante, come sperare di
ereditare una fortuna da un lontano parente. Il sogno della memoria
perfetta, in particolare, ha una lunga storia, che inizia nel V secolo
a.C. con Simonide di Ceo. Il poeta greco, racconta Cicerone, fu l’unico
sopravvissuto a un catastrofico crollo durante un banchetto. Per
identificare i corpi chiuse gli occhi richiamando alla mente l’immagine
dei commensali ancora vivi a tavola. In questo modo sarebbe nata la
tecnica dei “loci” e del “palazzo della memoria”, tuttora raccomandata
dai campioni dell’apprendimento rapido come Matteo Salvo, che
memorizzando un mazzo di carte in apnea si è guadagnato un posto nel
Guinness dei primati. Il metodo consiste nell’associare le cose da
ricordare a immagini vivaci, organizzandole in uno spazio architettonico
che può essere ripercorso mentalmente ritrovando i ricordi belli in
fila. Per molto tempo - prima di internet e dei libri stampati - avere
una memoria infallibile doveva essere la più preziosa delle qualità.
Oggi disponiamo di memorie esterne infinitamente capienti ma continuiamo
a volere una marcia in più, per competere e per rallentare
l’invecchiamento cerebrale. Nel business del potenziamento mentale c’è
posto per farmaci, dispositivi di stimolazione magnetica, videogame,
meditazione e anche per le mnemotecniche che erano in voga secoli fa.
Secondo
uno studio pubblicato su Nature Neuroscience 9 campioni di memoria su
10 usano il sistema dei loci per ricordare. Scientific American ha
passato in rassegna i dati sul metodo, concludendo che potrebbe davvero
migliorare le prestazioni, anche se metterlo in pratica non è poi così
facile, soprattutto se non si è più tanto giovani. «L’associazione con
posti, immagini, emozioni rende più salienti le tracce mnemoniche
facilitandone il recupero», ci spiega Salvatore Maria Aglioti della
Sapienza di Roma. «Non è detto però che le informazioni così
immagazzinate nel sistema rapido dell’ippocampo, poi vengano consolidate
a lungo termine nella corteccia cerebrale», ragiona Alessandro Treves,
neuroscienziato della Sissa di Trieste. Sappiamo che alcune persone
dalla memoria eccezionale usano spontaneamente dei trucchi, ma questo
non significa che emulando i loro metodi otterremo gli stessi risultati.
«Non basta ricordare di più per avere una comprensione profonda o per
collegare le informazioni in modo creativo», aggiunge Piergiorgio Strata
dell’Università di Torino. Usare le immagini anziché i significati può
rivelarsi un fardello se si tratta di elaborare i dati anziché limitarsi
a ricordare. La super memoria non è super intelligenza, concordano i
ricercatori.
Il Signor S. descritto dal pioniere della
neuropsicologia Aleksander R. Lurija, ad esempio, aveva una memoria
mirabile, che gli permetteva di fare il giornalista senza prendere note,
ma anche una bizzarra serie di distorsioni percettive che gli
complicavano la vita. Probabilmente certe facoltà straordinarie si
presentano quando il sistema nervoso non matura del tutto e conserva
connessioni che normalmente verrebbero sfoltite. Ireneo Funes è
l’indimenticabile ipermnestico uscito dalla penna di Borges. Un
personaggio letterario, certo, ma sorprendentemente credibile dal punto
di vista scientifico. Con un’occhiata registrava tutti i tralci, i
grappoli e gli acini d’una pergola. Sapeva le forme delle nubi australi
dell’alba del 30 aprile 1882 e poteva confrontarle, nel ricordo, con le
spume che sollevò un remo, nel Rio Negro, la vigilia della battaglia di
Quebracho. «Era il solitario e lucido spettatore d’un mondo multiforme,
istantaneo e quasi intollerabilmente preciso». Incapace di idee
generali, probabilmente non molto bravo a pensare.