Repubblica 27.2.16
Il dibattito sulla denuncia della Cattaneo
Ci troviamo davanti a un clamoroso atto di sfiducia verso la ricerca pubblica da parte del governo
Perché il piano del dopo-Expo è la strada sbagliata della scienza
di Giovanni Bignami
Presidente dell’Istituto nazionale di Astrofisica fino al 2015, è membro dell’Accademia dei Lincei
NON
si può far finta di niente. E neanche cadere nella trappola
cerchiobottista di presentare i favorevoli e i contrari, toccando
inevitabili conflitti di interesse. Il problema politico e di merito
creato dalla proposta/ imposizione “Human Technopole” per il post-Expo,
attaccata da Elena Cattaneo, è tanto grosso quanto semplice e
comprensibile a tutti. Riassumiamo i fatti. Alla periferia di Milano
esiste un’area, già usata per Expo, che potrebbe essere destinata alla
ricerca.
A Roma e Milano se ne parla da tempo: non mancano idee e
attori scientifici, ma naturalmente ci vuole “la grana”. Come spesso in
questi casi, i grandi attori industriali, a parole sempre favorevoli
alla ricerca, si sfilano uno dopo l’altro: intervenga il denaro
pubblico, poi, magari, vedremo… Dopo una presentazione al Piccolo
Teatro, dove tutto era già deciso, il 25 novembre scorso ecco il Decreto
del Presidente del Consiglio, ora convertito in legge: «È attribuito
all’Istituto Italiano di Tecnologia (IiT) un primo contributo
dell’importo di 80 milioni di euro per l’anno 2015 per la realizzazione
di un progetto scientifico e di ricerca, sentiti gli enti territoriali e
le principali istituzioni scientifiche interessate, da attuarsi anche
utilizzando parte delle aree in uso a Expo S.p.a. ove necessario previo
loro adattamento. IiT elabora un progetto esecutivo che è approvato con
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del
Ministro dell’economia e delle finanze». Chiaro, no? Brilla per la sua
assenza quel Ministero con la U(niversità) e la R(icerca) nell’acronimo,
come scriveva ieri il ministro Giannini. Come ex-presidente di due Enti
pubblici di ricerca, mi chiedo perché non si sia pensato al Miur. Forse
non lo si usa perché ha troppa burocrazia, almeno secondo la spietata
analisi del ministro, a capo dello stesso Miur.
E poi, da subito, e
sempre in assenza di un programma chiaro, ecco l’impegno pubblico a
voce di 150 milioni all’anno per dieci anni (ma per il 2016 già sicuri
altri 98,6 milioni), naturalmente oltre ai 100 milioni/anno del normale
contributo statale allo IiT, noto per i brillanti risultati in robotica,
più che in oncologia. Sono soldi pubblici pari a un decimo del Fondo
ordinario per tutti gli Enti di Ricerca del Miur, soldi dati senza
nessuna selezione (Corte dei Conti, dove sei ?) a un Ente di diritto
privato. Quale senza dubbio è lo IiT, come dimostrato, per esempio,
dalla permanenza a Direttore Scientifico ed Amministratore Delegato
della stessa persona dal 2005, qualcosa di inimmaginabile nel pubblico.
Il prof. Cingolani sarebbe evaporato dopo al massimo due mandati di 4
anni, come per gli Enti di ricerca, o uno da sei anni, come per i
Rettori delle Università.
Concludendo con i fatti, i soldi
pubblici dati allo IiT verranno poi da questo distribuiti ad attori
locali e non (tra essi anche una vinicola trentina, pare). Sono tutti
già nominati esplicitamente, prima di cominciare. Naturalmente, alcuni
di loro sono tra i favorevoli al progetto, guarda caso. Ma lo IiT ha
forse nel suo statuto la funzione di Agenzia per la ricerca? Ovviamente
no, soprattutto trattandosi di soldi pubblici. Punto facilmente
aggirabile usando quel «elabora un progetto…approvato dal PCdM e dal
Mef».
Il paziente lettore ha capito che, fuor di metafora, ci
troviamo davanti a un clamoroso atto di sfiducia nei confronti della
ricerca pubblica da parte del governo che ne è responsabile, Miur o non
Miur. È qualcosa di paradossale, di totalmente ingiustificato e tanto
più grave quando, invece, l’iniziativa “Salviamo la Ricerca” lanciata da
Giorgio Parisi ha raccolto più di 50mila firme (paziente lettore, firma
anche tu!). E, indipendentemente, il “Gruppo 2003”, composto dagli
scienziati italiani più citati nel mondo, ha proposto la formazione di
una vera Agenzia (indipendente ma pubblica) per la Ricerca.
Sarebbe
la strada giusta, che la comunità scientifica italiana, la peggio
trattata in Europa dal proprio governo, chiede di imboccare.
Sommessamente, la riproponiamo qui ancora una volta: ci sarà un motivo
se tutti grandi paesi, in Europa e nel mondo, ne hanno una. Possiamo
costruirla con il contributo di tutti, ricercatori e governo, per una
volta senza barriere, forzature o imposizioni.