Corriere 27.2.16
«Ucciso da professionisti della tortura» Punti oscuri e certezze sulla fine di Regeni
I pm di Roma: non era legato agli 007. Rogatoria in Usa per l’accesso ai profili Facebook e Google
di Ilaria Sacchettoni
ROMA
Incisioni e tagli. Bruciature e lividi. Contusioni e fratture:
trentadue giorni dopo si interroga ancora il corpo di Giulio Regeni. Per
avere la meglio sulle reticenze degli egiziani e per accertare fatti.
Mentre dal Cairo non sono stati trasmessi documenti ai pm: né i verbali
annunciati né le relazioni previste.
Aguzzini di mestiere
Le
poche certezze vengono mappando le ferite sul corpo del ragazzo: «Siamo
in presenza di professionisti della tortura» ripetono dai nostri uffici
giudiziari. Regeni è stato rapito per essere interrogato, dicono a
Roma. E per avere risposte si è utilizzato un sistema complesso (e
generalmente efficace) di alternanza dolore-sollievo che solo qualcuno
addestrato può essere in grado di dosare.
Gli investigatori
italiani utilizzano di proposito la categoria dell’«aguzzino di
professione» per sgombrare il campo dal carosello di versioni egiziane:
interpretazioni diverse (anche irriguardose) sono state offerte
all’Italia in questi giorni. Ma l’idea del delitto perpetrato da
criminali comuni sembra a tutti una versione arrangiata dei fatti.
Rogatoria per Facebook
Intanto
si cerca di colmare lacune importanti. Lo smartphone del ricercatore di
Fiumicello, ad esempio, non è mai stato trovato. L’aveva con sé nella
tasca del giaccone la notte in cui è scomparso. Ma non ce n’è traccia.
Eppure la password memorizzata potrebbe spalancare altre porte. I suoi
contatti. Chi lo ha cercato. Chi gli era amico. E allora il pubblico
ministero Sergio Colaiocco ha spedito una rogatoria alla diplomazia
statunitense per chiedere una sorta di mediazione con i giganti della
Rete, sia Facebook che Google. La richiesta è quella di una copia della
chiave d’accesso al profilo di Giulio che, fra le altre cose, potrebbe
facilitare la ricostruzione del percorso seguito la notte del 25
gennaio. La risposta dei social network non è scontata. Ma chi indaga
taglia corto: «Abbiamo esempi positivi di collaborazione in altri casi
analoghi». Attraverso gli accessi all’account del ragazzo si potrebbero
ricavare notizie importanti. Contenuti della sua attività, relazioni,
contatti, solo in parte accessibili attraverso il pc sul quale
carabinieri del Ros e agenti dello Sco hanno lavorato negli ultimi
giorni. La prossima settimana arriverà il referto autoptico (anticipato
in larga parte a chi indaga) dell’Istituto di medicina legale de La
Sapienza.
Né celle né filmati
Ma le 300 pagine di relazione
del perito Vittorio Fineschi che ha eseguito l’autopsia non bastano. Da
tre settimane la Procura di Roma aspetta che gli vengano trasmessi i
verbali dei testimoni ascoltati in questi giorni, le immagini delle
telecamere che abbiano ripreso Regeni (certamente la sera del 25 gennaio
aveva utilizzato la metropolitana: ma i filmati?), i dati sulle celle
telefoniche agganciate dal suo cellulare, il referto dell’autopsia
eseguita dalle autorità del Cairo. Si tratta di dati che non possono
essere surrogati in alcun modo.
Da Roma si continua a mantenere un
profilo ottimista o almeno fiducioso, malgrado alcune versioni fornite
dal Cairo somiglino più a boutade . Giulio assassinato per motivi
personali. Giulio fatto fuori da criminali comuni dediti allo spaccio.
Nel
suo sangue non circolavano sostanze tossiche ha detto l’autopsia. E
secondo la Procura Regeni non era in contatto con 007 italiani o
stranieri.
La memoria del pc
Si continua a interrogare anche
la memoria del computer di Giulio alla ricerca di informazioni
sull’identità e il profilo di chi ha contribuito a fornirgli
informazioni per le sue ricerche. Regeni si era specializzato nei
movimenti sindacali indipendenti. La Procura ha ascoltato anche docenti e
studenti dell’Università di Cambridge: il lavoro di Regeni, confermano
tutti, non è mai uscito dai confini universitari.
Più misteri che a Parigi
«Sappiamo
chi ha ucciso a Parigi, ma chi è stato in Egitto ancora no... Il
governo italiano vuole conoscere la verità» ha detto, a margine di un
seminario a Reggio Calabria, il sottosegretario alla presidenza del
Consiglio con delega ai Servizi Marco Minniti.