Repubblica 25.1.16
Domande e risposte
Ecco cosa succederebbe se fossero bocciate le norme prese di mira. Il precedente del Porcellum
Via il secondo turno ritorno al proporzionale a rischio tutta la legge
intervista di Liana Milella
ROMA.
 Toto Italicum, come fu toto Porcellum tra 2013 e 2014. Si apre una 
nuova gara tra la Consulta e la politica sulla legge elettorale. C’è chi
 scommette che vincerà l’Italicum, chi punta su Felice Besostri e il 
gruppo di avvocati che ha lanciato la maratona dei ricorsi.
Che cosa rischia l’Italicum, la legge che ha preso il posto del porcellum caduto per mano dei giudici costituzionali?
Se
 dovessero prevalere i dubbi dei giudici di Messina il nuovo sistema 
elettorale potrebbe essere scalfito in alcune sue parti importanti. Come
 la mancanza di una soglia minima per accedere al ballottaggio, l’entità
 del premio di maggioranza, l’elezione garantita per i capilista. A 
questo si aggiunge, secondo Besostri e i suoi colleghi, 
l’irragionevolezza, a Costituzione invariata, di fare una legge 
elettorale che vale solo per la Camera dei deputati e non per il Senato.
 Per di più, nel ricorso viene impugnato uno dei residui del Porcellum, 
le soglie di accesso per il Senato – 8% liste singole, 20% coalizioni – 
che il giudice di Messina ha ritenuto eccessive e irragionevoli.
Se
 la Consulta dovesse accogliere le eccezioni di costituzionalità 
sollevate da Messina, l’Italicum resterebbe in piedi o sarebbe 
irrimediabilmente azzoppato?
Per costante giurisprudenza una legge
 elettorale deve rimanere sempre applicabile perché altrimenti, se si 
dovesse votare all’improvviso, non si saprebbe con che norme farlo. Di 
conseguenza, gli eventuali annullamenti della Consulta dovranno essere 
chirurgici, cioè dovranno essere eliminate le parti “malate” 
dell’Italicum, cioè quelle non costituzionali, lasciando in piedi quello
 che Besostri definisce «uno scheletro normativo autosufficiente».
Referendum sulla riforma costituzionale Boschi e decisione della Consulta per l’Italicum. Chi arriverà prima?
Non
 ci sono tempi certissimi perché l’ordinanza di Messina dev’essere prima
 notificata al presidente del Consiglio, a tutte le parti del giudizio 
di Messina, e comunicata ai presidenti di Senato e Camera. Poi l’intero 
fascicolo sarà trasmesso alla Consulta e l’ordinanza pubblicata sulla 
Gazzetta ufficiale. Da quella data decorrono i termini per le parti 
interessate per costituirsi davanti alla Corte. Che dovrà fissare 
l’udienza pubblica di discussione. Queste formalità richiedono almeno un
 paio di mesi, ma spesso ne passano anche quattro o sei, com’è successo 
di recente per la legge elettorale europea, dove sono stati necessari 
sei mesi per farla arrivare alla Consulta.
Che succede se, dopo 
Messina, anche gli altri tribunali dove sono stati presentati i ricorsi 
dal gruppo di avvocati anti Italicum coordinati da Besostri si rivolgono
 alla Consulta?
Accadrà che le varie ordinanze eventualmente 
emesse, se giungono alla Consulta nell’arco di un paio di mesi, verranno
 raggruppate. A quel punto saranno discusse e decise tutte assieme, con 
un ulteriore aggravio nei tempi.
Ipotizziamo che i principali 
punti di incostituzionalità siano accolti, a partire dalla mancanza 
della soglia minima per accedere al ballottaggio. A quel punto che 
succede?
L’Italicum prevede che se nessuna lista raggiunge il 40% 
dei voti validi al primo turno, le due liste comunque più votate, 
indipendentemente dalla percentuale che raggiungono in assenza di una 
soglia minima, vadano a un ballottaggio. Ma se questa previsione fosse 
bocciata dalla Consulta non ci sarebbe più ballottaggio, né di 
conseguenza l’attribuzione del premio di maggioranza alla lista 
vincente.
Il premio di maggioranza, cioè avere 340 seggi 
indipendentemente dai voti ottenuti, è fortemente contestato nei ricorsi
 come un’alterazione della rappresentanza. Se l’eccezione fosse accolta 
dalla Consulta che conseguenze ci sarebbero?
I seggi dovrebbero 
essere attribuiti con il sistema proporzionale, cioè dati in proporzione
 ai voti ottenuti dalle singole liste che superino la soglia di accesso 
del 3%. In pratica si direbbe addio al maggioritario per tornare al 
vecchio proporzionale.
Che destino avranno i capilista, che 
l’Italicum pone in posizione esclusiva e di cui quindi assicura 
l’elezione se la lista raggiunge il quorum, nel caso in cui la Consulta 
accolga il quesito di Messina?
Quel capolista non avrà più 
l’elezione assicurata ma dovrà competere con tutti gli altri candidati. 
Secondo Besostri sarà eletto “democraticamente” colui che raggiungerà il
 maggior numero di preferenze.