mercoledì 24 febbraio 2016

Repubblica 24.2.16
Paul Klee e l’arte di tenere un diario
Nei suoi dipinti compaiono geroglifici, frecce, caratteri alfabetici e note musicali
Pittore, musicista, architetto E anche scrittore, come dimostrano i suoi taccuini che ora tornano in libreria
di Hans Ulrich Obrist


Etel Adnan, poetessa e artista tra le più grandi, mi disse, poco tempo fa, che riteneva che Klee appartenesse a quella stirpe di geni per i quali una singola definizione – che sia «pittore», «musicista» o «architetto » – risulta inevitabilmente riduttiva. Occorre, mi disse, dedicare la dovuta attenzione agli scritti di Klee, così come alla produzione in poesia e prosa di geni poliedrici come Leonardo da Vinci, Vasilij Kandinskij e Igor Stravinskij. Non vi è dubbio che Klee sia stato uno degli artisti più versatili
mai esistiti. La sua genialità nella pittura, nel disegno e nell’arte dell’incisione può essere compresa appieno solo nel momento in cui viene messa in relazione con le altre espressioni del suo talento: l’attività come musicista, designer, filosofo dell’arte e insegnante. A questi molteplici aspetti della sua creatività, dobbiamo aggiungere l’eloquenza e la lucidità della scrittura, di cui questi diari costituiscono un esempio mirabile.
La scrittura di Klee, già magnifica di per sé, fornisce in questo caso un ritratto dell’artista nel suo cammino verso la grandezza. Un artista altrettanto poliedrico, Joseph Beuys, affermava che «ogni essere umano è un artista »: non vi è dubbio che anche per Klee la vita fosse inscindibile dall’arte. L’idea che lo sviluppo creativo fosse per lui indissolubilmente legato all’esperienza vissuta trova riscontro, in particolare, in un brano dei suoi diari che risale al 3 giugno 1902, nel quale si legge: «Ciò che ora conta non è neppure di dipingere soggetti prematuri, bensì di essere uomo o almeno di diventarlo. L’arte di dominare la vita è la condizione fondamentale di tutte le manifestazioni ulteriori, si tratti poi di pittura, architettura, dramma o musica». Insieme composito di annotazioni in ordine cronologico e di modifiche e aggiunte successive, queste riflessioni, risalenti agli anni centrali della sua vita, sono costellate di allusioni al tema della crescita, intesa nelle sue più svariate forme. Affascinato dai cambiamenti che avvengono nel mondo naturale, Klee illustra, in un altro scritto, il processo di costruzione di un dipinto come se stesse parlando della crescita di una pianta, il cui sviluppo è strettamente dipendente dal terreno da cui è emersa. (...) Uno dei grandi paradossi che caratterizzano l’opera di Klee – e dobbiamo intendere il termine paradosso nell’accezione dei presocratici, come fonte di nuove idee e nuova ispirazione – è la sua capacità di essere allo stesso tempo privata e profondamente sociale. Se da un lato il suo lavoro appare come il frutto di una visione soltanto individuale e particolare, dall’altro sembra trasmettere, con grande forza, la voce di un’epoca storica durante la quale il mondo è cambiato fino a diventare irriconoscibile. Ciò si riflette nel modo in cui Klee fa convivere improvvisazione e regola, modelli matematici e una straordinaria libertà di espressione. Seguendo la numerazione scrupolosa con la quale ha ordinato i suoi dipinti, possiamo osservare come, da un giorno all’altro, fosse capace di produrre opere che sembrano non avere assolutamente nulla in comune. Klee inventò un sistema all’interno del quale aveva la libertà di improvvisare, così come fece Georges Perec creando una struttura entro cui sviluppare le proprie storie. La sua genialità consisteva nel sapersi adattare alle esigenze dell’opera d’arte, senza tuttavia perderne il controllo. «Come una barca in mezzo al mare» afferma Etel Adnan «non era lui che indicava una direzione al dipinto, era il dipinto a indicarla a lui.» (...) Non esiste nulla che non sia importante nella vita, questo sembrano testimoniare i dipinti di Klee: non vi si troverà mai un angolo insignificante, o frammenti della superficie che non siano riempiti con qualche affascinante simbolo, colore, forma o motivo. La pittura classica assegna un centro alla composizione del quadro, trasformando i bordi della superficie pittorica in spazi marginali, suggerendo in modo chiaro che si deve prestare minore attenzione a ciò che si trova nella zona periferica, ai margini, nei contorni. Trovo estremamente affascinante il rifiuto di questo principio da parte di Klee, dal momento che scrivo in un’epoca in cui la sola idea dell’esistenza di un «centro» appare obsoleta, in un mondo così polifonico, interrelato e interconnesso come quello in cui viviamo oggi. In Klee ogni cosa riveste la stessa importanza, nulla è trascurato, considerato inferiore, marginalizzato. L’artista è noto per aver detto che «l’arte non riproduce il visibile, ma rende visibile ciò che non sempre lo è». Qualcosa di simile può essere sostenuto a proposito dei suoi diari, i quali non si limitano a registrare la vita e l’opera di Klee, ne sono parte integrante; non riproducono eventi, sono eventi essi stessi.
Ciò è particolarmente evidente nella loro modalità di composizione: Klee interruppe la scrittura dei diari nel 1918, per poi riprenderla in seguito inserendo aggiunte e correggendo brani composti in precedenza, prima di stendere una nuova versione del manoscritto. I Diari non vanno intesi solo come documentazione di fatti avvenuti, ma anche come vere e proprie creazioni plasmate consapevolmente, nell’ambito di un’idea ampia e olistica di arte. L’intenzione di Klee di abbattere i confini che separano la scrittura dall’arte si manifesta nel suo incorporare nei dipinti un linguaggio visivo nuovo e idiosincratico, fatto di simboli e segni tratti da diverse sfere dell’attività umana. Geroglifici, caratteri alfabetici, frecce, lettere, note musicali, cifre sembrano invitarci a leggere i dipinti come leggeremmo un testo scritto, e, analogamente, a leggere i suoi scritti come fossero dipinti.
Questa idea di arte allargata, intimamente legata ad altre discipline, è uno degli insegnamenti più importanti che Klee ci abbia trasmesso.
IL LIBRO Paul Klee, Diari 1898-1918 (il Saggiatore, pagg. 418, euro 29, traduzione di A. Foelkel) Pubblichiamo qui parte della prefazione di Hans Ulrich Obrist