Repubblica 1.2.16
Micromega, trent’anni di battaglie illuministe
La
rivista italiana più attenta al confronto culturale, politico e
filosofico festeggia con i suoi lettori un compleanno speciale
di Roberto Esposito
Le
sue prime campagne sono state per la libertà nei paesi dell’Est e per
una rinascita della sinistra Il 2016 si apre con un dibattito tra due
intellettuali dal pensiero “forte”: Badiou e Gauchet
IL NUOVO
NUMERO Già disponibile, ospita interventi del suo direttore Paolo Flores
d’Acais , di Alain Badiou e Marcel Gauchet (in dialogo con Martin Duru e
Martin Legros) e di Nancy Fraser Per festeggiare il trentennale a ogni
numero saranno allegati due “ reprint” di autori storici: qui sono
Andrea Camilleri e Nanni Moretti
Micromega compie
trent’anni. Ed è il direttore Paolo Flores d’Arcais a rivendicare, in
occasione di questo compleanno così importante, la scelta di coerenza,
libertà, coraggio che ha sempre caratterizzato la rivista. Nata in un
momento in cui chiudevano altre riviste politiche italiane, in crisi di
pubblico e di idee, la sua pubblicazione,
per iniziativa di
Giorgio Ruffolo e dello stesso Flores d’Arcais, costituiva una doppia
sfida. Nei confronti di un mercato editoriale afflitto dai primi sintomi
di malattia della carta stampata; e nei confronti del ceto politico
italiano, incapace di avvertire il collasso che di lì a poco lo avrebbe
travolto. Il muro che proteggeva in Europa l’equilibrio bipolare e in
Italia la prima Repubblica stava per andare in frantumi.
Ma ancora
alla metà degli anni Ottanta erano in pochi a scommettere sul suo
crollo. Il gruppo di Micromega fu tra questi e a ciò deve la sua vita
lunga e produttiva. Flores d’Arcais, subentrato dopo pochi anni alla
direzione della rivista, capì che non era più tempo di esitazioni e di
compromessi. Una stagione si chiudeva in modo irreversibile e occorreva
elaborare una nuova cassetta degli attrezzi per affrontare le novità che
si annunciavano.
I fronti su cui Micromega scelse all’inizio i
impegnarsi erano soprattutto tre: a favore del dissenso nei Paesi
dell’Est, ancora esposti alla ottusa repressione del regime sovietico; a
favore della legalità contrastata sempre più ferocemente dall’offensiva
della mafia, culminata nel 1992 con le stragi di Capaci e di via
d’Amelio; e a favore di una rinascita della sinistra, sopraffatta, a
partire dal 1994, dal berlusconismo.
Si può dire che soltanto la
prima di queste tre battaglie sia stata vinta, anche se con esiti
problematici sul piano delle relazioni internazionali e del processo di
integrazione europea. Le altre due sono ancora in corso, con risultati
incompleti e ambivalenti.
Ma la forza della rivista si è sempre
espressa soprattutto sul terreno culturale. Nel giro di pochi anni,
Micromega è diventata l’unica rivista politica italiana, con la parziale
eccezione del Mulino, capace di fare opinione all’interno dell’area di
sinistra. E anzi in certi anni, in particolare con gli Almanacchi di
filosofia, ha costituito l’arena in cui filosofi italiani e
internazionali si sono confrontati sui grandi temi del nostro tempo.
A
questa prima fase di forte apertura culturale, durata fino alla soglia
del nuovo secolo, ne è seguita una seconda in cui la rivista ha
privilegiato un doppio ambito tematico, più rispondente alle propensioni
politiche e culturali del suo direttore. E cioè la difesa
dell’autonomia della magistratura sul piano politico e l’opzione atea e
naturalista, sul piano filosofico.
Un elemento è però rimasto
costante, fortemente presente anche in questo fascicolo del trentennale.
E cioè l’opzione per una democrazia partecipativa allergica ai partiti,
difesa con la solita passione e il consueto rigore da Flores d’Arcais.
Una visione di principio che in questo numero speciale, vista la
ricorrenza, si concretizza nel confronto franco tra due protagonisti di
primissimo piano del quadro filosofico internazionale, Alain Badiou e
Marcel Gauchet. E anche in un’intervista alla filosofa radicale
americana di ispirazione marxista Nancy Fraser.
Il dibattito che
ne risulta è di alto livello perché contrappone in maniera esplicita due
interlocutori, pure uniti dalla critica comune agli esiti dell’attuale
predominio del mercato, situati su sponde assai lontane.
Se Badiou
ritiene la democrazia necessariamente coinvolta nella macchina
capitalistica e dunque, da un punto di vista comunista, da contestare,
Gauchet, da tempo ben noto ai lettori di Micromega, ritiene sia il
capitalismo sia la democrazia riformabili dall’interno, a patto di
liberarsi della deriva individualista che impedisce ogni forma di legame
sociale e nazionale.
È evidente, per chi conosce il percorso
intellettuale di Flores d’Arcais, la sua distanza “asimmetrica” da
entrambi le posizioni. Se nei confronti di Badiou la sua riserva è
radicale, come non potrebbe non essere per chi fin da tempi non sospetti
ha fatto propria la polemica antitotalitaria di Hannah Arendt e Albert
Camus in difesa di una democrazia radicale, neanche Gauchet gli è
vicino. Soprattutto in merito alle due stelle polari di
Micromega.
E cioè il nesso politica- diritto e la questione della secolarizzazione
– tema, quest’ultimo, che non viene affrontato nella discussione con
Badiou.
Quanto al primo punto, mentre Gauchet difende il primato
del politico nei confronti del diritto, attribuendo alla eccessiva
invadenza delle Corti di giustizia l’impasse in cui si trova l’Unione
Europea, Flores d’Arcais, al contrario, individua nel diritto il fronte
primario della lotta politica. Solamente se libera dalla presenza
invadente dei partiti e affidata all’iniziativa della società civile, la
politica potrà garantire i diritti di tutti e di ciascuno.
Contrariamente alla maggioranza dei politologi, che vedono nella
dissoluzione dei partiti il problema maggiore delle democrazie
rappresentative, Flores d’Arcais ritiene che sia la loro invadenza a
impedire un pieno sviluppo democratico.
L’altro polo dialettico
riguarda la questione della secolarizzazione – da Flores intesa come
necessaria rottura con il cristianesimo, da Gauchet come il suo stesso
portato. Si tratta di un punto decisivo, intorno al quale ruota l’intero
dibattito teologico e politico contemporaneo. Il cristianesimo va
accantonato come una gravosa eredità di cui semplicemente disfarsi o
costituisce una irrinunciabile risorsa simbolica per la stessa cultura
illuministica di cui Micromega si fa portatrice? È una delle grandi
questioni che la rivista certamente affronterà nei suoi prossimi
trent’anni.