Repubblica 19.2.16
Fo, splendido novantenne “Per fortuna sogno Franca”
Il 24 marzo il compleanno del premio Nobel: “Continuo a lavorare, ma sono stanco”
“Benigni mi ha deluso Mi pare si sia disciplinato e non va bene per un bravo comico”
L’incontro nello studio di Milano tra carte, dipinti e un via vai allegramente caotico
“Dopo lo stupro lei reagì come un gigante Quando hai una donna così, voli”
intervista di Anna Bandettini
MILANO
GLI è presa come una frenesia, una impazienza di fare, lavorare,
dipingere, dire... Tre libri in pochi mesi, altri in arrivo. E poi le
conferenze spettacolo, 40 “finti Chagall” dipinti per la mostra di
Brescia, le interviste, gli articoli... «Mi sento come una di quelle
betoneghe, come si dice a Milano, quelle comari petulanti che hanno
sempre da dire su tutto », se la ride Dario Fo seduto al lungo tavolo da
lavoro nello studio di casa, le mani sporche di tempera gialla, una
pila di fogli su cui traccia schizzi e figure, davanti a una intera
parete di disegni del volto di Franca Rame e intorno un via vai
allegramente caotico.
Il prossimo 24 marzo Fo compirà 90 anni
lavorando, come uno che ha ancora voglia di aggredire la vita nonostante
l’età e la memoria che ogni tanto va. Di aggredirla come quando quel
giugno del 1950, aspirante pittore, si presentò da Franco Parenti con
una satira su Caino e Abele, il Poer nano, che dette l’avvio a una
stupefacente avventura di teatro, politica, amore, vita, dalla
fascinazione per i fabulatori lombardi a quella più discussa per i
5stelle, dall’invenzione di una lingua teatrale destinata a segnare la
storia culturale alla militanza politica, dall’essere censurato al
Nobel.
Che altro ha da fare?
«Finché ho idee non posso fare a
meno di lavorare. Sono pieno di appunti, progetti... Ma mi stanco
presto. Per questo compleanno ho detto: fate vobis. Decidete e poi mi
portate come un pacco. Ma rischio di arrivarci bollito se non mi riposo.
La notte non dormo, sono agitato. Per fortuna i sogni mi calmano un
po’».
I sogni?
«Sogno quasi sempre Franca, giovane con i
capelli biondi e leggeri. Una volta l’ho sognata che era diventata un
robot, e allora ci ho scritto un racconto surreale, Il sogno, lei-robot
che si candida a sindaco di Milano. Una cosa comica ».
Parliamo di comici: è vero che Benigni non le piace più, come ha detto in tv a Andrea Scanzi nel suo “Reputescion”?
«Mi
ha deluso. Benigni era spietato e quella era la sua forza comica.
Adesso mi pare sia diventato... opportunista, ecco la parola. Ha fatto i
Dieci Comandamenti, raccontava di Mosè che fa ammazzare donne e bambini
perché adoravano gli idoli, senza nessun commento».
Ma è la Bibbia.
«D’accordo,
ma non puoi diventare il beatificatore degli ebrei e non fare cenno
alle loro brutalità contro chi segue altre religioni, come accade oggi.
Mi dispiace, ma mi sembra che Benigni si sia disciplinato, e non va bene
per un bravo comico».
E chi è un bravo comico secondo lei ?
«Di
Crozza mi piacciono le tirate ironiche. E poi Fiorello. Mi piace anche
suo fratello Beppe che potrebbe fare il film tratto dal mio libro Razza
di zingaro nel ruolo del giovane pugile vittima del nazismo. Io farò
l’allenatore. Ed è curioso perché anche nel primo e unico film che ho
fatto,Lo svitato di Carlo Lizzani del ’56, c’era una scena di boxe».
Aveva 30 anni a quell’epoca: sognava di diventare la celebrità che è diventato?
«Franca
e io lo eravamo già, avevamo incassi e spettatori più alti di tutti. Ma
avevamo capito che i ricchi borghesi con noi ridevano di loro stessi e
si assolvevano. Così lasciammo i teatri per le Case del Popolo.
Continuammo coi pienoni ma correndo pericoli. Alla Palazzina Liberty a
Milano ci misero le bombe. E a Sassari nel ’73 ci fu il mio arresto
durante una replica di Guerra di popolo in Cile. La cosa divertente è
che in galera gli agenti di custodia mi chiedevano gli autografi, gli
altri detenuti urlavano “bravo”».
Quello fu anche l’anno della violenza su Franca.
«Fu
bravissima Franca: decidere di raccontare a teatro quello che le
avevano fatto fu una cosa potente. Io sono stato malissimo, perché fui
punito per quello che avevo fatto nella cosa più cara. Pensavano: la
donna di Dario Fo è il suo punto vulnerabile, colpiamolo lì. Ma hanno
trovato un gigante: quando hai una donna, così voli».
Quanto le manca Franca?
«Non
posso dire un momento della mia vita in cui lei non c’è. Franca aveva
piantato tutti quelli che la corteggiavano, con macchinone, ville e case
per questo citrullo che ero io. Ma forse le piaceva che io fossi fuori
chiave. Ma sa che da un po’ succedono cose strane?».
Tipo?
«Fatti
incredibili. Una sera, ero stanco, arrabbiato perché non era andata
bene una prova. Passo davanti a certe piante solitamente mezze secche e
nel vaso di Franca c’era un bel fiore rosso. Come a dire “vai vai che ci
sono”. C’è un problema? Dopo un po’ si risolve. È Franca che mette a
posto le cose».
Crede che sia vero?
«No, ma sono stupito».
L’amore è stato importante nella sua vita?
«Piacevo
perché ero fuori dal coro. Sono stato amato, sì. A cominciare da mia
mamma che ha sempre detto “Dario vincerà il Nobel”. Ma è pittore, le
dicevano, non può. E lei insisteva: lo vincerà ».
Novanta: li sente?
«No,
ma certo l’età c’è. Ho sentito il mio amico Albertazzi e anche lui
aveva giù la voce. Se poi mi capiterà di morire, io ho fatto il
possibile per campare».