sabato 20 febbraio 2016

La Stampa 20.2.16
Speranza accusa: su altre leggi
Renzi mise tutto il suo peso su questa è molto prudente
“Faccia una battaglia, come sul Jobs Act”
di Francesca Schianchi

L’importante è non fare passi indietro». Quando, dopo l’ennesima giornata di trattative e conteggi sulle unioni civili, la serata si chiude con la consapevolezza di un Pd «non autosufficiente» nei numeri, nemmeno con l’aiuto di Sel, come ammette la ministra Boschi esercitando «un sano esercizio di realismo» (copyright del senatore democratico Federico Fornaro) e l’alta probabilità che il presidente del Senato Grasso elimini dal tavolo «canguri e cangurini», dalla minoranza di sinistra del Pd che tanto crede in questa legge – e in alcuni casi l’avrebbe spinta pure più in là, fino al matrimonio egualitario – il commento diffuso si declina più o meno così: si voti, sperando che la stepchild adoption passi. Ma se non passerà, deve essere l’Aula a deciderlo, non deve essere il Pd a rinunciarci in partenza.
E’ quello che ripete Roberto Speranza, tra i giovani capofila della corrente di sinistra, quando dice che «noi dobbiamo difendere le nostre idee: e sia nel 2012 che nel 2013 la linea del partito era sì alle unioni civili e sì alla stepchild adoption», cioè l’adozione del figlio del partner. Quindi, no a stralci della stepchild «a prescindere»: sarà l’Aula a pronunciarsi, «e comunque se il M5S ci sta, ce la facciamo a farla passare». Quello che manca, però, è la «determinazione» del premier-segretario: «Ricordo in passato di aver visto riunioni in cui Renzi ci ha messo tutto il suo peso, sulla riforma costituzionale come sul Jobs act e l’Italicum: ecco, su questa legge mi sembra abbia un atteggiamento molto più prudente. Faccia una battaglia», lo invita.
Alla fin fine, eliminare tutti gli emendamenti premissivi, appunto i cosiddetti canguri (quello firmato Marcucci, che blinderebbe il testo, ma anche quelli della Lega, che invece potrebbero affossarla) appare come l’unica soluzione che possa rasserenare il clima e permettere di votare. Chi ha parlato ieri con la relatrice della legge, Monica Cirinnà, ha trovato che anche lei guardasse con favore a questa eventualità. «Per provare a uscire dalla palude in cui ci troviamo – valuta il senatore bersaniano Miguel Gotor – l’ipotesi di giudicare inammissibili tutti i premissivi mi sembra percorribile». Anche perché, ragiona Fornaro, della minoranza Pd, «a quel punto anche gli emendamenti potrebbero scendere a un numero fisiologico, si potrebbero discutere, e se ne avvantaggerebbe l’Aula e anche l’opinione pubblica».
Certo, il rischio è che la stepchild a voto probabilmente segreto venga impallinata. Ma se il no arriverà dalla maggioranza dell’Aula, quella - ammette anche chi crede nel testo dalla prima all’ultima riga - si chiama democrazia: «E’ arrivato il momento in cui ognuno si assuma le proprie responsabilità», giudica Fornaro. I numeri, lo ha dichiarato la Boschi, il Pd da solo non li ha, «e questo è da sempre stato il problema dei diritti civili - ricorda Gotor -. Non solo oggi: fosse stato per le maggioranze di governo, in passato non sarebbero passati l’aborto o il divorzio». Fosse per quella maggioranza, stavolta non passerebbe la stepchild adoption.