mercoledì 17 febbraio 2016

Repubblica 17.2.16
Archeologi, una lettera contro la riforma di Franceschini
di Francesco Erbani

Un altro documento di protesta piomba sulla riorganizzazione del ministero per i Beni culturali voluta da Dario Franceschini. Che a questo punto ha la strada ingombra di tanti ostacoli. Lo firmano sedici fra i più autorevoli archeologi italiani, tutti accademici dei Lincei. L’Accademia in sé non è coinvolta, anche se il documento è su carta intestata dell’alto consesso scientifico. Si va da Giovannangelo Camporeale a Giovanni Colonna, da Filippo Coarelli a Carlo Gasparri, da Antonio Giuliano ad Adriano La Regina, da Eugenio La Rocca ad Anna Maria Bietti Sestieri, da Elisa Sissi a Paolo Matthiae, da Paola Pelagatti a Vincenzo Saladino e Salvatore Settis, da Paolo Sommella a Mario Torelli e Fausto Zevi.
I motivi di doglianza sono quelli già ascoltati in queste settimane nelle assemblee, nei sit-in e rimbalzati in appelli e blog. Ma il prestigio dei firmatari scuote ulteriormente la sicurezza con la quale il ministero sta procedendo all’accorpamento di tutte le soprintendenze, allo smembramento di quella archeologica romana, la più importante e ricca di tutte (alla quale vengono sottratti il Museo Nazionale Romano, Ostia e l’Appia Antica), alla separazione di Ercolano da Pompei, all’abolizione della direzione generale delle antichità. Un rivolgimento che segue un altro rivolgimento avvenuto appena pochi mesi fa e per niente assorbito.
I provvedimenti del ministero, scrivono i sedici studiosi, sono stati assunti «in assenza di una meditata valutazione delle conseguenze per un organismo già fortemente depotenziato dal depauperamento del corpo dei dirigenti e dal sovrapporsi, nel recente passato, di troppi interventi normativi». Segue l’elenco delle questioni più allarmanti: la rottura del legame fra soprintendenze e musei, la soprintendenza unica «con la conseguente mortificazione di competenze tecnico-scientifiche», il sovrapporsi di istituzioni anche solo annunciate (l’Istituto centrale per l’archeologia), il persistente dubbio sulla sorte dell’archeologia preventiva (lo scavo praticato in occasione di lavori pubblici). Il documento si chiude con la richiesta di sospendere il provvedimento e di consultare, prima di proseguire, chi lavora e studia in un settore fra i più bistrattati del nostro patrimonio.