Il Sole 17.2.16
Costi
Dalla legge a regime oneri per 22,7 milioni
A partire dal 2025 l’estensione della sola reversibilità alle coppie gay costerà 6,1 milioni
di Manuela Perrone
ROMA
A bocce ferme, senza le razionalizzazioni che tanto stanno facendo
discutere in questi giorni, la pensione di reversibilità estesa alle
coppie dello stesso sesso costerebbe poco: 0,1 milioni per il primo anno
di applicazione, e poi via a salire fino a 6,1 milioni nel 2025. Almeno
secondo le stime fornite dall’Inps e dalla relazione tecnica del
ministero dell’Economia al ddl Cirinnà.
Aggiungendo i costi per il
minor gettito Irpef per detrazioni fiscali (3,2 milioni nel 2016 , 16
milioni nel 2025) e quelli legati ai maggiori assegni al nucleo
familiare (400mila euro nel 2016, 600mila a regime dal 2017) si
raggiunge la cifra complessiva di 3,7 milioni per il primo anno e di
22,7 milioni nove anni dopo. Numeri che l’articolo 23 del provvedimento
snocciola alla voce “copertura finanziaria”, prevedendo di attingere dal
Fondo per interventi strutturali di politica economica e, per 6,7
milioni dal 2017, dal fondo speciale Mef.
La polemica sui costi
dell’estensione della reversibilità alle coppie gay tiene banco sin
dalla scorsa primavera quando il ministro Alfano tirò in ballo la cifra
di 40 miliardi (il costo totale dei 4,8 milioni di assegni staccati lo
scorso anno). Il 31 marzo 2015 l’Inps sforna il suo report, smentendo
l’ipotesi che in gioco ci siano numeri astronomici. A fine luglio il Mef
deposita in commissione Bilancio a Palazzo Madama la sua relazione, che
ricalca il calcolo attuariale effettuato dall’Istituto.
Vengono
da lì i numeri che accompagnano il ddl. L’Inps e l’Economia prendono a
modello l’esperienza tedesca, per l’analogia tra l’istituto della
Lebenspartnerschaft introdotto nel 2001 e l’unione civile disegnata nel
ddl. L’Inps ipotizza che nel primo anno potrebbero avvalersi dell’unione
civile 7.500 coppie, un dato sovrapponibile alle 7.513 coppie, di cui
529 con figli, rilevate nel 15° censimento della popolazione (2011) e
ritenuto sottostimato dallo stesso Istat. Lo sviluppo del numero di
unioni civili è stato invece tarato sul caso della Germania, dove nel
2011 le coppie unite civilmente erano 67mila.
L’istituto di
previdenza e il Mef ritengono quindi «ragionevole», per la stima degli
oneri legati alla reversibilità, fissare in 30mila le coppie che
potrebbero avvalersi del nuovo istituto dopo dieci anni. Ma basano su
67mila coppie i calcoli dei costi delle detrazioni (considerando come
possibile beneficiario il 35% per una detrazione media di 690 euro) e
degli assegni familiari (dall’importo mensile medio massimo di 46,48
euro).
Da qui le cifre: nel 2016, 7.500 coppie e maggiori rate
complessive delle pensioni di reversibilità per 0,1 milioni; nel 2017,
10mila coppie e 0,5 milioni di costi; nel 2020, 17.500 coppie e 1,8
milioni. Fino ai 6,1 milioni del 2025 per 30mila coppie unite
civilmente.
Dati, quelli sulla reversibilità, che il Servizio
Bilancio del Senato giudica «corretti e prudenziali» sulla base delle
coppie ipotizzate. Anche se chiede: perché il dato dei 67mila viene
usato senza correzioni per stimare gli oneri legati a detrazioni e
assegni familiari mentre si riduce a 30mila per le pensioni ai
superstiti? «La questione - scrivono i tecnici - merita un chiarimento».
E perché, aggiungono, la proiezione non va oltre il decennio, quando a
regime il peso della reversibilità potrebbe arrivare a 50 milioni annui?
Alla fine avvisano: «sarebbe stata opportuna» anche una stima dei
riflessi finanziari dell’estensione dei diritti successori. Liquidati
dal Mef come «di trascurabile entità».