il manifesto 17.2.12
Galli: «Il rapporto con il Pd? Il problema non c’è più»
Sinistra
italiana. Il professore Galli, ex dem: l’Italicum vieta le alleanze,
inutile dividersi su questo. Il neoliberismo ci vuole lattiginosi? E noi
faremo un partito. Prima di tutto dovremo essere coerenti e credibili,
solo così troveremo tutti i nostri elettori
di Daniela Preziosi
«Nel
Pd non si produrranno altri scossoni. Chi sta dentro ormai ha scelto di
restare. O per rassegnazione o per enorme fiducia nei propri mezzi. Lo
spostamento al centro del Pd è compiuto.Un partito di centro,
intendiamoci, è cosa rispettabilissima, ma il Pd non nasceva per questo.
Comunque ormai non si ricollocherà mai più a sinistra: perché non vuole
e perché gli elettori di sinistra ormai se ne stanno andando».
Il
deputato Carlo Galli è il politologo dell’università di Bologna, già
bersaniano, che sarà fra i primi a intervenire a ’Cosmopolitica’, la tre
giorni romana della fondazione del nuovo partiti della sinistra (dal 19
febbraio al Palazzo dei Congressi).
Ha perso ogni speranza nel Pd?
La
speranza politica, certo. Noi siamo alternativi. E comunque la legge
elettorale rende questi discorsi insensati: si corre come singole forze
politiche. Non c’è più l’alleanza e non c’è l’apparentamento al secondo
turno. L’Italicum ha trasformato la politica in una roulette russa. Uno
schema brutale.
Fa l’elogio delle alleanze perdute?
L’alleanza, insieme al conflitto, è l’essenza della politica, il suo dinamismo.
Ma il vostro nuovo partito di sinistra non nasce grazie all’Italicum, che ha ucciso il centrosinistra.
Il
nostro soggetto nasce, almeno da parte nostra, perché nel Pd non c’è
più spazio per la politica. Saremo costretti a competere con logiche che
ci penalizzano, come quella del voto utile. Nasciamo in un contesto
poco favorevole sotto il profilo delle regole elettorali. Ma speriamo di
fare un risultato importante e diventare l’alternativa al Pd. Certo è
che non possiamo esserne gli alleati. L’Italicum lo esclude.
Alcuni suoi colleghi di sinistra non hanno nostalgia delle alleanze. Né considerano questo un difetto dell’Italicum.
Io
ho nostalgia della politica, oggi c’è solo la condanna: a vincere o a
perdere. Comunque sì, è una differenza di valutazione, ma per modo di
dire: oggi non c’è una strategia diversa possibile. Chi vota noi sa che
non sta votando Pd.
Neanche al secondo turno?
C’è il divieto di apparentamento. La forza che vince dovrebbe promettere ministri. Sulla fiducia. Non è un’ipotesi praticabile.
Neanche il referendum costituzionale produrrà scossoni nel Pd?
Ci
sono persone che non andranno a votare e che non faranno campagna.
Staranno a guardare. Così farà la minoranza Pd. Noi invece saremo una
delle anime del variegato fronte per il no al referendum. Puntando a
incontrare al voto anche delle amministrative un consenso popolare
significativo per capire che non siamo lontani rispetto alle esigenze
profonde del nostro paese. Non quella di risolvere un problema ma quella
di trasformare i problemi in questioni. Anche Renzi sa che ci sono dei
problemi, il Mezzogiorno, il lavoro dei giovani, ma non pensa che
esistano gigantesche questioni strutturali. Per questo agisce di volta
in volta con provvedimenti spot e bonus.
Renzi ha ancora il vento in poppa.
Perché
è abile, perché la destra è divisa, perché noi non abbiamo ancora
espresso le nostre potenzialità. E perché gli italiani hanno disimparato
a fare protesta politica. Ma fanno spesso protesta sterile. E se hanno
occasione di governare si tirano indietro.
Ce l’ha con i 5 stelle?
Hanno
avuto le occasioni e si sono tirati indietro perché sono interni alle
logiche inculcate dalla cultura neoliberista per cui l’alleanza è il
male, la complessità della politica è il male.
Non dite sempre che nei grillini c’è un pezzo dell’elettorato della sinistra?
Quando
uno è stato di sinistra poi, per odio disperazione o disprezzo, si
riduce a non votare o votare 5 stelle, non è più una persona di
sinistra. Non vuole più avere a che fare con la sinistra, perché è stato
disgustato da anni di connubio fra sinistra e neoliberismo.
È un elettorato che date per perso?
Un
elettorato difficilissimo da recuperare. Forse potremo farlo dopo che
ci saremo dimostrati affidabili, coerenti e efficaci. Ma non abbiamo una
pentola di monete d’oro, dobbiamo puntare a un elettorato misto: una
parte dai 5 stelle, una parte dall’astensionismo, una parte di elettori
Pd delusi che vedranno in noi un’alternativa credibile.
Farete un partito o un altro tipo di cosa?
Sì.
Non serve tanta fatica per fondare un movimento, i movimenti nascono da
soli. Poi non sarà un partito plumbeo e sovietico, ma sarà un principio
d’ordine e non uno spazio politico. Che conviva con i movimenti, non
pretenda di dettare la linea. Il neoliberismo ha trasformato le
formazioni politiche in episodi che si manifestano in concomitanza delle
elezioni. Noi siamo alternativi: dobbiamo essere all’altezza dei tempi
ma non necessariamente ’adeguati’ a quello che i tempi chiedono, e cioè
di essere informi, gelatinosi, per essere permeati dai poteri forti.
Dobbiamo avere un lato di spontaneità, cioè di verità, cioè di necessità
sociale. Lì comincia la politica, ma noi siamo tenuti a dare a
quell’origine una prospettiva di permanenza e di durata.
Perché
non avete fatto una coalizione, un soggetto plurale, che avrebbe
consentito di tenere dentro chi non vuole sciogliere la sua
organizzazione?
Perché sa cosa ci chiedono i nostri? Di non
litigare. Saremo un partito ricco e plurale, ma dovremo parlare con una
voce sola. Cercheremo una sintesi, una mediazione che tenga conto di
tutte le opzioni e prospettive espresse. Ma la sinistra arcobaleno è
stata già bocciata. Fra noi ci sono differenze importanti. Teoriche,
analitiche. E tuttavia e dico: in questa fase non devono impedire
quest’avvio di strada comune. Anche fra Stalin e Trockij c’erano
differenze, ma prima hanno vinto insieme la rivoluzione bolscevica.
Paragone funesto. Chi farà la parte di Trockij, che poi non fa una bella fine?
Mi offro di farlo io, nel paragone. Ma prima presentiamoci al voto con un volto unico, magari con diverse rughe di espressione.