Repubblica 17.2.16
Il teatro e la realtà
di Stefano Folli
L’ASPETTO
più sconfortante della seduta di ieri al Senato era la mancanza di
passione istituzionale e di drammaticità. Comunque si voglia giudicare
il testo Cirinnà sulle unioni civili, si tratta di un provvedimento
atteso da anni, su un tema oggetto delle sollecitazioni dell’Europa e
della Corte costituzionale. Si poteva pretendere trasparenza e una
ragionevole rapidità nell’esame degli articoli. Viceversa abbiamo avuto
molti giochi parlamentari nella penombra e poi l’ennesimo rinvio.
Difficile stabilire a quanti senatori interessi davvero il merito della
norma, magari per contrastarla, e quanti invece abbiano fatto
semplicemente del teatro.
La seconda ipotesi sembra più
convincente. Abbiamo assistito a un estenuante tiro alla fune in cui
nessuno aveva tutte le ragioni e nessun altro tutti i torti. I Cinque
Stelle hanno dimostrato di aver appreso alla perfezione le astuzie
tattiche tipiche della vecchia casta parlamentare — per usare una
terminologia cara ai grillini — e le hanno messe al servizio di un
voltafaccia peraltro annunciato. Il Partito Democratico non è riuscito o
non ha voluto trovare un punto di mediazione al suo interno e nei
ranghi stessa della maggioranza, dove i centristi di Alfano hanno alzato
via via i toni della loro insofferenza, incoraggiati dall’interventismo
del cardinale Bagnasco e dai dubbi di un consistente segmento
dell’opinione pubblica. Risultato, il centrosinistra si è ritrovato in
aula senza la certezza dei numeri e con un quadro politico abbastanza
sfilacciato. Ma se le scelte dei Cinque Stelle appaiono assai
spregiudicate, al punto che resta da capire come saranno valutate dal
loro elettorato, ciò nondimeno sono scelte politiche che non possono
essere giudicate con il metro di una morale di comodo. Del resto, il Pd
dovrebbe biasimare se stesso prima di prendersela con un partito di
opposizione. Era più che discutibile l’idea di appoggiarsi a un
super-emendamento destinato ad ammazzare gli emendamenti di merito,
compresi (almeno in parte) quelli che dovrebbero regolare le adozioni,
vero nodo cruciale della legge. Equivaleva a tentare una forzatura per
coprire l’assenza di accordo. E voleva dire mettersi nelle mani di
Grillo e dei suoi giocolieri parlamentari. Un rischio di non poco conto.
E infatti il colpo di dadi non ha funzionato. Ora il buonsenso dovrebbe
consigliare di riprendere il filo della trattativa, sia dentro il Pd
sia con il resto della maggioranza. Il teatro di ieri è stato uno
spettacolo modesto, ma era nel novero delle cose prevedibili: si può
immaginare che oggi sia un altro giorno, in cui i teatranti non hanno
altre energie da spendere. In fondo, c’è una maggioranza laica del
Parlamento a favore delle unioni civili, sia pure con vari distinguo. Il
motivo del contendere riguarda le adozioni e purtroppo si mescola con i
tatticismi di cui si è detto. Nessuno dubita che Renzi abbia dato prova
fin qui della sua determinazione, ma il premier ha anche detto che si
rimette in ultima analisi al Senato. Ce n’è abbastanza per concludere
che il disegno di legge sulle unioni andrà avanti, ma se possibile
dentro la cornice di un’intesa che eviti altri scivoloni o altre
sopravvalutazioni dei comportamenti altrui. E l’intesa dovrà comprendere
il punto delle adozioni, nella coscienza che, se i voti ci sono, il
pacchetto Cirinnà sarà approvato nella sua interezza. Ma se i voti non
ci sono perché alcuni gruppi, dai centristi ai grillini, guardano ai
sondaggi d’opinione e agli umori della loro base, è inutile rischiare di
compromettere l’intero provvedimento. Si tratta pur sempre di una
materia delicata che non può essere trattata alla stregua di una
questione tecnica.
I conti si faranno oggi. Potrebbe essere la
giornata in cui l’Italia compie un deciso passo avanti per allinearsi
agli altri paesi europei. Con apporti di sicuro trasversali ai diversi
schieramenti, meglio se a scrutinio palese, ma con quel tanto di
prudenza che non è sinonimo di codardia, bensì il frutto di una
valutazione realistica delle forze in campo.