Repubblica 12.2.16
Materia oscura e gravità quantistica le prossime sfide
di Giovanni Amelino-Camelia
Dopo
il bosone, ecco le onde gravitazionali: due scoperte che ci aiutano a
capire le nostre leggi della natura. Questi ultimi anni sono stati molto
fortunati per la fisica: se la particella di Higgs era uno dei tasselli
mancanti del formidabile “modello standard” (che descrive le
interazioni non gravitazionali tra particelle), queste onde erano, fino a
ieri, il tassello mancante nella nostra descrizione dei fenomeni
gravitazionali, che con Einstein abbiamo imparato a basare sulla
relatività generale. Le aspettavamo da un secolo esatto: la loro
esistenza era stata infatti una delle prime predizioni ottenute
lavorando con la relatività generale. Einstein aveva completato la
formulazione matematica della sua celebre teoria alla fine del 1915 e
tra le ipotesi che ricavò pochi mesi dopo c’era già quella delle onde
gravitazionali.
Per illustrare intuitivamente quanto è centrale il
ruolo che hanno nella struttura logica della relatività generale uso
un’analogia già proposta su queste pagine. Fino a quel 1915 lo spazio e
il tempo erano visti come un’entità statica: con la relatività generale
si capisce, invece, che lo spaziotempo ha una sua dinamica ed in
particolare che la materia curva lo spaziotempo. Questo aspetto dei
fenomeni gravitazionali è analogo al caso in cui si tiene ben teso un
telo piuttosto grande e si gioca a piazzare delle sferette sul telo. Se
si posizionano due sferette sul telo, una magari molto leggera, l’altra
più pesante, si nota con facilità che quella più pesante curva il telo
(in realtà anche quella meno pensante curva un pò il telo ma in maniera
non apprezzabile). La sferetta meno pesante “cade” su quella più pesante
proprio a causa di come quella pesante ha deformato il telo. Le onde
gravitazionali hanno un ruolo centrale nel confermare la struttura
matematica della relatività generale : se davvero lo spaziotempo è come
un telo deformabile, allora, in determinate condizioni, si dovranno
produrre delle onde di spaziotempo, proprio come giocando con un telo
non è difficile produrre delle onde che lo attraversano. La sfida di
verificare questa fondamentale predizione è stata la sfida più grande
che la scienza abbia affrontato con successo, anche se ci ha impiegato
un secolo. Ed è stata così ardua perché la “tensione del telo
spaziotemporale” è elevatissima, molto più grande di quanto la nostra
immaginazione possa contemplare. La matematica della relatività generale
predice queste onde ma predice pure che la loro intensità sia
bassissima, anche quando la materia che le produce è molto pesante ed in
brusca evoluzione, come nel caso della furiosa danza finale che si
verifica quando due buchi neri collassano l’uno sull’altro. Ce l’abbiamo
fatta grazie alle migliori tecnologie finora disponibili, grazie a un
apparato di misura che essenzialmente si sviluppa su due tubi, ciascuno
lungo 4 chilometri, e grazie alla dedizione di un migliaio di fisici di
tanti paesi, con un ruolo molto importante per quelli italiani.
La
particella di Higgs e le onde gravitazionali sono due importantissime
“scoperte attese”: non ci hanno sorpreso ma averle finalmente raggiunte
ci rassicura che le teorie che stiamo utilizzando siano davvero un punto
di partenza affidabile per le sfide future della fisica. Per rendere
straordinario questo periodo ci vorrebbe adesso una “scoperta inattesa”,
un nuovo fatto sperimentale che allo stesso tempo ci sorprenda e ci
indichi la strada da seguire per andare oltre i modelli teorici che
stiamo utilizzando. Qualcosa che ci avvicini alla risposta delle grandi
questioni irrisolte, come la materia oscura e la gravità quantistica.
L’autore è un fisico. Insegna all’Università La Sapienza di Roma