venerdì 12 febbraio 2016

Repubblica 12.2.16
Einstein vince 100 anni dopo
di Giovanni Bignami

L’AFFASCINANTE paradosso dell’Universo è che è tenuto insieme, anzi dominato, dalla forza più debole che ci sia: la gravità.
È QUELLA che fa cadere i sassi, tiene legata la Luna alla Terra, fa girare le stelle nella Galassia e le galassie nell’Universo. È anche quella che ci fa soffiare quando portiamo il sacco in salita (e allora non ci sembra così debole…). Insomma, dai tempi di Newton pensavamo di conoscerla bene. Poi venne Einstein un secolo fa e cambiò tutto. Capì che il mondo in cui viviamo è un continuo spazio-temporale, dove il tempo è una dimensione come lo spazio. E la gravità influenza in modo palpabile il nostro mondo: stando in riva al mare vediamo salire la marea, cioè la prova che gli oggetti celesti si influenzano a vicenda attraverso la gravità.
Adesso abbiamo finalmente l’evidenza dello tsunami gravitazionale: quando in cielo avviene una perturbazione abbastanza forte dello spazio tempo, Einstein disse, partono delle onde, appunto di gravità, che si propagano alla velocità della luce e causano deformazioni misurabili (appena appena). Abbiamo aspettato un bel po’, ma il gruppo Usa (in realtà di 25 nazioni) di Ligo ieri ha annunciato di averle misurate. Complimenti, a loro e ad Einstein… Il punto centrale, adesso, è capire da dove provengono. Perché sono un fenomeno astronomico, prima di tutto. Secondo gli autori, gli oggetti responsabili erano due, diventati uno: due buchi neri pesanti circa 30 volte il Sole che si sono fusi in uno solo, stiracchiando in modo evidente lo spazio intorno a loro e poi via via fino a noi, alla velocità della luce.
A prima vista, ci vuole fortuna. Perché buchi neri di quella massa, nella storia della astronomia, non erano mai stati osservati. Né tantomeno un sistema binario di due buchi neri così, ancora più raro. Osservarlo poi proprio nel momento finale della sua vita, è ancora più raro. E che questo succeda appena hai acceso il tuo rivelatore nuovo di zecca… Ma la fortuna aiuta gli audaci, si sa, e quelli di Ligo sono proprio bravi e hanno lavorato bene. Hanno visto le onde gravitazionali, ma anche dimostrato l’esistenza di oggetti celesti sconosciuti.
La rivelazione apre una nuova astronomia, su un nuovo Universo, perché non è basata su onde elettromagnetiche (vedi la luce), come l’astronomia tradizionale. Proprio qui nascono le difficoltà. Le onde gravitazionali passano e non tornano più, sono come il gatto che sorride in Alice nel Paese delle Meraviglie. Per una conferma, che nella scienza non guasta mai, bisognerebbe trovare il gatto, o quel che ne resta, che pure deve essere nascosto da qualche parte. Ma il pezzo di cielo dal quale le onde sembrano provenire è enorme, e andrebbe scandagliato a fondo: un po’ come cercare un ago in un grosso pagliaio, guardandolo attraverso una cannuccia da bibite. Gli astronomi hanno una lunga esperienza di ricerche un po’ folli, e sono già al lavoro.
Eppure le onde gravitazionali avevano ereditato una enorme energia dall’abbraccio mortale dei due buchi neri: 50 volte quella di tutte le stelle dell’Universo, anche se solo per un cinquantesimo di secondo. Al loro arrivo sulla Terra, dopo un viaggio di più di un miliardo di anni, è bastata per deformare, anche se di pochissimo, i due rivelatori di Ligo, uno in Louisiana e una nello Stato di Washington. Tra l’altro, il tempo intercorso tra le due rivelazioni è giusto il tempo che ci vuole a traversare gli Usa alla velocità della luce.
Una nuova astronomia, dunque, nata anche grazie alla fortuna. Speriamo ci siano presto altre rivelazioni, che aiuterebbero molto a credere a fondo nella prima. A parte Ligo, altri rivelatori, in Italia (Virgo, in collaborazione con la Francia) come in Giappone e in Australia, saranno presto in azione, e poi l’Esa andrà a cercarle nello spazio, con la missione Lisa. Ieri abbiamo forse visto la decisione su un premio Nobel in diretta (sono stati attenti a dire che i padri della scoperta erano giusto tre…) e comunque abbiamo vissuto un momento storico per l’astronomia e per la scienza.
Presidente dell’Istituto nazionale di astrofisica fino al 2015, è membro dell’Accademia dei Lincei. Il suo ultimo libro è “ Oro dagli asteroidi e asparagi da Marte”, edito da Mondadori