giovedì 11 febbraio 2016

Repubblica 11.2.16
Perché Obama manca alle Primarie Usa
Tutti i candidati di oggi non hanno la personalità e la leadership del Presidente
di David Brooks

CON l’avanzare della stagione delle primarie sono preda a una strana sensazione: mi manca tanto Barack Obama. Certo, molte delle sue decisioni politiche non mi trovano d’accordo e sotto certi aspetti la sua presidenza mi ha deluso. Mi auguro che la prossima rappresenti un cambio di filosofia.
Ho però l’impressione che in tutta questa campagna si sia registrato un calo generale di livello. A un tratto sono venuti a mancare totalmente o in parte quegli elementi di personalità e leadership che Obama possiede e che forse abbiamo dato troppo per scontato.
Il primo e il più importante è la sua fondamentale integrità. L’amministrazione Obama si distingue per una sostanziale assenza di scandali rispetto alle amministrazioni Reagan e Clinton, basta pensare all’impatto dell’affare Iran-Contra e dello scandalo Lewinsky.
Sul versante Obama c’è stato ben poco, il presidente e il suo staff hanno dimostrato una fondamentale rettitudine. Hillary Clinton è costretta a continue dichiarazioni per giustificare comportamenti o decisioni non proprio irreprensibili. Obama, al contrario, non ne ha mai avuto bisogno.
Non solo il presidente e sua moglie hanno dato prova di massima integrità personale, ma si sono circondati di persone di alto profilo. C’è tanta gentaglia che gravita attorno alla politica, anche nella campagna della Clinton e l’amministrazione del governatore Chris Christie. Il team di Obama, invece, ha sempre chiuso le porte a questi personaggi.
Il secondo elemento mancante in questa campagna è il fondamentale senso di umanità. Donald Trump non ha fatto che ribadire l’impegno a fermare l’immigrazione musulmana. Una cosa del genere la si può promettere solo se si considerano gli americani musulmani un’astrazione. Obama, invece, si è recato in visita a una moschea, e a viso aperto ha tenuto un meraviglioso discorso di fronte ai musulmani, riaffermando i loro diritti in quanto americani.
Il presidente ha dato ripetuta prova di grande attenzione e rispetto per la dignità del prossimo. Facciamo un esempio: immaginate che Barack e Michelle entrino a far parte del comitato direttivo dell’associazione di beneficenza cui aderite. Sareste ben lieti di accogliere persone così nella vostra comunità. Potreste dire in tutta sincerità lo stesso di Ted Cruz? L’umanità di un presidente si manifesta nelle occasioni inattese, ma importanti.
La terza qualità di Obama che si fa rimpiangere in questa campagna è la lucidità nel prendere decisioni. In questi anni molti del suo entourage hanno lamentato come il presidente non avesse seguito i loro consigli, ma quasi tutti hanno dichiarato che la loro opinione era stata tenuta in profonda considerazione.
Obama fondamentalmente promuove i suoi valori il più possibile, nei limiti in cui lo permette la situazione. Bernie Sanders, invece, è talmente accecato dai suoi valori che sembra rifiutare la realtà.
Pensiamo alla sanità pubblica. L’approvazione della riforma sanitaria di Obama ha portato a due colossali sconfitte alle elezioni di medio termine. Come ha osservato Megan McArdle su Bloomberg View, l’Obamacare ha danneggiato una piccola percentuale di americani, la riforma di Sanders lascerebbe insoddisfatti decine di milioni di clienti delle compagnie assicuratrici, distruggendo il settore e imponendo nuovi aumenti delle imposte, provocando un terremoto sociale di proporzioni epiche.
Pensare di far approvare la riforma Sanders in una Washington polarizzata e in un paese che nutre profonda diffidenza nei confronti del governo equivale a vivere sulle nuvole. Obama sarà anche stato troppo cauto, soprattutto in Medio Oriente, ma quanto meno è in grado di capire la realtà della situazione.
Il quarto elemento che manca nelle primarie in corso è la compostezza sotto pressione. Il nervosismo mostrato da Marco Rubio in occasioni importanti come l’ultimo dibattito, vederlo muoversi come un automa, sudare, abbrancare la bottiglia dell’acqua, può anche avere un fascino, perché dimostra che è una persona normale. Io, personalmente, sono del parere che Obama pecchi di eccessiva sicurezza in se stesso, ma un presidente deve sapersi mantenere equilibrato a fronte di enormi pressioni. Obama lo ha fatto, soprattutto mentre infuriava la crisi finanziaria. Dopo il dibattito di sabato, Rubio lascia dei dubbi sotto questo aspetto.
Il quinto elemento è un ottimismo tenace. Ascoltare Sanders o Trump, Cruz e Ben Carson equivale a sguazzare nella pornografia del pessimismo, per arrivare alla conclusione che questo Paese è sull’orlo del crollo totale. Ma non è vero. I problemi esistono, ma sono meno gravi di quelli di quasi tutte le altre nazioni del globo.
Le decisioni sagge sono motivate più dalla speranza e dall’opportunità che dalla paura, dal cinismo, dall’odio e dalla disperazione. A differenza di molti degli odierni candidati, Obama non ha fatto appello a quelle passioni.
No, Obama non è perfetto. Troppo spesso si è mostrato sprezzante, freddo, rancoroso e chiuso. Ma in un mondo pieno di brutture, dove le democrazie perdono terreno, il tribalismo cresce, il sospetto e l’autoritarismo prendono il sopravvento, Obama emana un’integrità, un’umanità, uno stile e un’eleganza di cui tutti, credo, sentiremo un po’ la mancanza, chiunque sia il prossimo presidente.
Traduzione di Emilia Benghi © 2016 New York Times News Service