giovedì 11 febbraio 2016

Repubblica 11.2.16
Clinton.
Dietro alla sconfitta c’è il disgusto di tanti per Wall Street e per le centinaia di milioni già donati da banche e grandi gruppi
Troppi soldi e falsità la coppia “Billary” non funziona più
di Vittorio Zucconi

Mi congratulo con il senatore ma sono io che rappresento la vera svolta
Combatterò per soluzioni vere che cambino realmente la vita delle persone
La sconfitta proprio nello Stato che nel 2008 le aveva regalato una delle sue rare vittorie su Barack Obama

WASHINGTON. Seguite i soldi. Per arrivare alle porte della Casa dei Clinton scoperchiata dal vento di un’insurrezione politica che ha fatto apparire un vecchio senatore di 74 anni più giovane e nuovo di Hillary Clinton, la strada da seguire è quella dei finanziamenti elettorali.
È il “big money”, è Wall Street, obiettivo comune degli opposti populismi di Trump e di Sanders, quello che sta affondando Hillary e che scuote, come non accadeva dalle ore di Monica la Birichina, la coppia più potente d’America.
I Clinton, perché sempre dei due come un insieme si deve parlare, sono vittime del loro successo. Quei 21 milioni incassati da lei per tenere discorsi a società come la Goldman Sachs (250mila a serata) incarnazione di tutto il male nell’immaginazione popolare, quei 163 milioni già versati nei suoi forzieri dai Super Pac, dovevano essere le ali per il volo della Prima Signora Presidente. Sono diventati la macina da mulino che il suo avversario e il disgusto popolare per la finanza rapace le ha appeso al collo.
E, come 28 anni or sono davanti all’assalto della Destra scatenata nell’impeachment i due Clinton sono soli, legati l’uno all’altra, nella battaglia per sopravvivere e salvare la loro vocazione politico-coniugale. Ora che la minaccia alla loro società, quella che era stata definita lo “Studio Billary”, non ha più il volto paffuto di una ragazza di vent’anni, ma le rughe e i capelli bianchi di un senatore di quasi 75, la battaglia sta ricreando tensioni che vanno ben oltre la crisi di un matrimonio. Bill è furioso con Hillary perché la accusa di avere ripetuto gli errori del 2008 quando sottovalutò sprezzantemente l’insidia del giovane afroamericano Obama e di essersi svegliata tardi. Lei, che si era circondata soprattutto di “consigliere”, di donne, per sottolineare quel “Fattore W”, come Woman, ha dovuto accettare l’ingaggio di due vecchi masnadieri delle campagne elettorali del marito, Sidney Blumenthal e David Brock, famosi “picchiatori” che daranno alla campagna anti- Sanders toni violenti. Lei è infelice, umiliata dai risultati e dalla necessità di tornare sotto l’ala di quell’ingombrante coniuge dal quale la vittoria troppo presto annunciata avrebbe dovuto affrancarla. Lui è invadente, logorroico, paternalistico negli interventi con la voce sempre nebbiosa che il pubblico ricorda. All’ultima ora della disastrosa campagna nel New Hampshire ha pronunciato un discorso concordato con lei e poi, indossato un camicione di flanella a scacchi rossi e neri da boscaiolo, è andato off script, fuori copione, improvvisando un attacco a Sanders non autorizzato dalla squadra della moglie. Con lite nella notte.
Bill è tornato il padre padrone che sa come si deve fare. Hillary la moglie che, nonostante il curriculum scintillante, dimostra — all’occhio cinico ed esperto del marito — un’invincibile debolezza nel contatto con le folle. È un’artificiosità che accredita, implicitamente, il sospetto che sia una persona insincera e non affidabile. Piccoli errori, ma che fanno imbestialire il marito, maestro dell’improvvisazione, come quel discorso di concessione della sconfitta nel New Hampshire che lei ha pronunciato leggendolo dal teleprompter, dal “gobbo” davanti al podio. Nel terrore di improvvisare e di “sciogliersi i capelli” come lui consiglia metaforicamente, portandoli lei corti. Come ha detto Dick Morris, il
political operator che proprio Clinton ingaggiò nei giorni del Sexgate, tra i soci della “Billary Spa” esiste una differenza cruciale: lui sembrava sincero anche quando mentiva, lei sembra mentire anche quando è sincera. Un handicap che fa sospettare anche l’ex stratega di Obama come David Axelrod che il problema di Hillary sia Hillary, la sua mancanza di quel carisma che il marito emanava a ondate e che lei, in pubblico, non riesce a esprimere, paralizzata dall’apparenza di preparatissima secchiona. Tanto diversa dalla Hillary conosciuta in privato, spontanea, allegra, intelligente, vulnerabile.
E in questa sua visibile rigidità, prodotto forse dell’essere femmina che sente di doversi mostrare più preparata dei maschi, nell’aura d’insincerità — l’accusa che i sondaggi indicano come la prima ragione di chi non la vota — si chiude il percorso della strada dei soldi. Sembra che Hillary debba nascondere l’essere la candidata della “Casta”, la marionetta dell’Establishment e di quell’”Un per Cento” divenuto addirittura “Lo Zero virgola Uno per Cento” nella retorica di Sanders, costretta ad affidare soltanto al suo essere femmina quel poco di messaggio innovatore che le rimane. Ma che la goffa, patetica mobilitazione delle Nonne del Femminismo, come Gloria Steinem e Madeleine Albright ha sporcato, nella forzatura di genere che le giovani hanno trovato maternalistico e offensivo.
È Bill colui che piace alle donne più di quanto lei piaccia alle donne, soprattutto a quelle sotto i 40 anni che l’hanno scaricata. Ora, in vista del voto nella Carolina del Sud, la “paratia tagliafuoco” dove sarà costretta a vincere se vuole sopravvivere fino al primo marzo giorno di 24 primarie quando i soldi, nella politica all’ingrosso via spot tv, conteranno, Hillary torna di fronte al dramma costante della propria vita: tentare di vincere con lui o rischiare di perdere in proprio? Giorni durissimi, per questa coppia. Quello che Monica non riuscì a distruggere, un vecchio di 74 anni potrebbe spezzare.