giovedì 11 febbraio 2016

Corriere 11.2.16
L’emergente Leonard la boccia: «Politica senza anima. Si dice femminista ma è solo per calcolo»
intervista di Serena Danna

A 27 anni Sarah Leonard è la rappresentazione perfetta della nuova intellettuale newyorkese: vive a Brooklyn, scrive saggi su politica e femminismo per due delle pubblicazioni più interessanti del momento, The New Inquiry e Dissent Magazine (nonché per l’antica rivista di sinistra The Nation ). Ha fatto parte del movimento di protesta Occupy Wall Street, ama bere birra artigianale nel Verso Loft di D.u.m.b.o., e ha appena pubblicato con Bhaskar Sunkara, direttore di Jacobin , altra rivista cult dei millennial, un libro-manifesto della sua generazione The Future We Want . Il suo prossimo presidente è Bernie Sanders.
Come mai le giovani donne stentano a identificarsi con Hillary Clinton?
«È un politico che conosciamo da decenni, ha sempre cambiato pelle a seconda delle circostanze. Oggi fa la femminista perché il tema delle donne domina il dibattito pubblico, ma è solo calcolo, senza anima né ideologia».
Eppure, al momento, rappresenta l’unica chance di avere una donna alla Casa Bianca.
«Capisco il lato simbolico della vicenda ma, come mi ha detto una rappresentante del sindacato delle infermiere, “vorrei tantissimo avere una donna presidente, ma non posso permettermi Hillary Clinton”. Il suo è un programma anti-femminista, se con questo termine intendiamo aiutare tutte le donne: non si può investire solamente sullo sfondamento del soffitto di cristallo a discapito degli altri piani del palazzo. La maggior parte delle donne vive lì, facendo debiti per pagare l’università, decine di lavori, senza poter stare a casa con un figlio appena nato. Non parla a loro Hillary Clinton».
Negli ultimi giorni è nato uno scontro tra le supporter e le oppositrici della candidata alle primarie democratiche. Lei come si pone rispetto all’apparente dualismo?
«Le sue sostenitrici vedono la forza di chi è riuscita — nonostante le vicende personali, le critiche, il sessismo — a superare le avversità e a farcela, sempre. Capisco la connessione emotiva che può scattare nelle donne, magari di un’altra generazione, che hanno subito la cultura maschile. Allo stesso modo comprendo l’attrice e regista Lena Dunham, sua giovane supporter: con tutte le critiche che ha ricevuto negli anni, è normale che veda nel percorso di Hillary un simbolo di riscatto. Ma i sentimenti personali non sono la politica, e le ricche donne di successo sono una minoranza».
Cosa le piace così tanto di Bernie Sanders?
«Che è rimasto sempre lo stesso in tutti questi anni ed è riuscito a raccogliere e farsi portavoce delle richieste emerse dai movimenti sociali degli ultimi anni, da Occupy a BlackLivesMatter. Ha capito cosa accomuna la maggior parte dei giovani americani: il desiderio di maggiore uguaglianza e di organizzarsi per essere più forti».