martedì 9 febbraio 2016

La Stampa 9.2.16
La paura contagia le Borse
Ritorna lo spread: 146 punti
Milano ai minimi da luglio 2013. L’Europa brucia 309 miliardi di euro
di Luigi Grassia

La paura di una recessione globale ha scatenato ieri un «panic selling» in tutte le Borse, con quella di Milano (-4,69%) che è tornata ai livelli del luglio 2013. Per dirla in altro modo, ha azzerato i guadagni di due anni e mezzo. Solo dall’inizio del 2016 Piazza Affari ha bruciato 129 miliardi di capitalizzazione. Nel 2015 l’indice Ftse Mib aveva toccato i 23 mila punti, ieri è sceso a 16.441. Allargando la visuale a tutti i mercati europei, l’indice Stoxx 600 che ne fotografa l’andamento ha ceduto il 3,5% finale, che equivale a 309 miliardi di euro di capitalizzazione persa in una sola seduta. In Borsa è esploso il panico, ma il consiglio dei gestori è quello di non perdere la calma e pensare al lungo periodo.
C’è poi una tendenza generale da parte dei grandi fondi internazionali a investire di meno sulle azioni per pesare di più in portafoglio i titoli di Stato: sono molto richiesti i Treasury Bond americani, mentre nella zona euro tra i titoli più comprati ci sono i Bund tedeschi (nonostante i rendimenti negativi). Vengono invece alleggerite le posizioni sui Btp italiani e così torna a crescere lo spread a 146 punti. Chiuse le Borse cinesi, i mercati europei hanno fatto tutto da soli, intimoriti anche dalla Grecia dove le piazze tornano a infiammarsi contro il taglio delle pensioni. Le trattative con i creditori internazionali sembrano paralizzate, perciò la Borsa di Atene ha perso il 7,8% sospinta dal crollo delle azioni bancarie. Il contagio oltre a Milano ha colpito Francoforte (-3,30%), Parigi (-3,20%) e Londra (-2,71%). Giù anche Wall Street (indice Dj -1,09% e Nasdaq -1,82%).
Va detto che non tutti gli analisti leggono gli eventi delle Borse come l’avvio di un tracollo a tempo indefinito. A inizio anno c’era chi valutava che alcuni mercati, in particolare Wall Street e Piazza Affari, fossero sopravvalutati del 30% e che una correzione fosse inevitabile. Se questa lettura fosse corretta, il -28,8% che ha subìto il Ftse Mib dal 2 gennaio rientrerebbe ancora nel limiti della fisiologia. Certo è una fisiologia al cardiopalma. Ma le correzioni al ribasso sono sempre violente (e le risalite graduali). Un rimbalzo potrebbe esserci già oggi, anche se la volatilità resta elevata. Le previsioni non sono favorevoli, ma nessuno ha la sfera di cristallo. Alcuni titoli bancari italiani per esempio potrebbero essere scesi fin troppo, alla luce dei risultati di bilancio.
Invece ha fatto paura le indiscrezioni alla Borsa di Francoforte secondo cui Deutsche Bank avrebbe difficoltà a rimborsare nel 2017 le cedole sui bond subordinati: i Cds sul debito della banca tedesca (cioè i «credit defautl swap» che misurano il rischio teorico di fallimento come percepito dal mercato) sono schizzati all’insù e le azioni di Deutsche Bank hanno perso il 9,5%. Nessuno però crede che questo colosso, con tentacoli su tutta l’economia tedesca, possa fallire davvero: se avesse delle difficoltà, il governo tedesco di Berlino lo ricapitalizzerebbe, e se le regole europee lo vietassero, quelle regole verrebbero cambiate o ignorate.
Ad appesantire i mercati ha contribuito il petrolio: il barile ha perso qualche punto, pur rimanendo a oscillare attorno ai 30 dollari, per chiudere a 29,68. Forse gli speculatori si stanno convincendo che non c’è da sperare in alcun guadagno puntando più in basso.