il manifesto 9.2.16
I cattolici del dissenso
Chiesa e contestazione. «The Spirit of Vatican II» di Gerd-Rainer Horn
Un laboratorio di religione e politica: il libro restituisce alla storia della New Left alcuni attori lasciati nell’ombra
di Alessandro Santagata
È
consuetudine in Italia che a occuparsi di cattolicesimo siano storici
di matrice cattolica. Per certi aspetti, questo è fisiologico in un
Paese forte di una solida tradizione di studiosi militanti. Per altri
versi, è responsabilità di una storiografia laica che si è
disinteressata del fenomeno religioso in età contemporanea.
Negli
ultimi decenni il quadro si è fatto più movimentato e meno
politicizzato. In positivo ha giocato anche l’internazionalizzazione
degli studi, di cui rappresenta un esempio l’ultimo libro di uno
straniero particolarmente attento alle vicende italiane come Gerd-Rainer
Horn (The Spirit of Vatican II. Western European Progressive
Catholicism in the Long Sixties, Oxford, 2015). Quello di Horn è un nome
noto agli studiosi del 68 mondiale. Professore di storia politica a
Science Po (Parigi), ha insegnato negli Stati Uniti e in Inghilterra,
focalizzando le ultime ricerche sulle Western European Liberation
Theologies del dopoguerra. In quest’ultimo lavoro affronta lo snodo del
Vaticano II in una prospettiva socio-politica interessata a investigarne
gli effetti sulle culture degli «anni 68». Lo sguardo comparativo
restituisce la ricchezza di un mondo cattolico europeo in fermento; una
Second Wave decisamente più radicale della stagione precedente del
«progressismo cattolico». Nello stesso tempo, Horn invita a considerare
il contributo decisivo che i credenti hanno dato all’esplosione del 68
globale e quindi alla New Left.
Il punto di partenza, si è detto, è
il Concilio, di cui l’autore sottolinea l’importanza della celebrazione
come «finestra di opportunità» decisamente più avanzate delle
risoluzioni dei padri. Vengono quindi analizzati gli autori della nuova
teologia «progressista», tra i quali rientra una personalità come José
María González Ruiz, teologo spagnolo dell’opposizione franchista e
teorico del dialogo tra marxismo e cristianesimo. Largo spazio viene
dedicato anche alla fucina teorica italiana, nella quale spiccano i nomi
di Ernesto Balducci, animatore della rivista «Testimonianze», e di don
Enzo Mazzi, alla testa della rivolta della comunità dell’Isolotto di
Firenze. Convinzione comune tra i militanti di questa «second wave» –
spiega Horn – è che il Vaticano II, come teorizzato da Rahner, abbia
sancito la necessità di un «impegno profetico» nel mondo per la
realizzazione del Regno a venire. Per un teologo come Metz, la
secolarizzazione dei costumi deve essere interpretata come la logica
conseguenza della natura trascendente di Dio, il cui disegno prevede che
la società agisca in autonomia dalla Chiesa e dotandosi delle proprie
regole. Di questa «diaspora» dei cattolici fuori dai confini della
Cristianità Horn ricostruisce le reti e i processi di radicalizzazione
che hanno interessato, spesso in modo analogo, i singoli contesti
nazionali e le diverse componenti della Chiesa.
Nel clero, per
esempio, alla ripresa dell’esperienza dei preti operai è seguita
l’affermazione dei movimenti contro il celibato e per la
«declericalizzazione»: Échange et dialogue in Francia – che mette in
primo piano la dimensione della lotta di fabbrica – il gruppo
Septuaginta in Olanda e gli autoconvocati di Serramazzoni (1975), primo
incontro nazionale dei preti operai italiani. Particolarmente
appassionanti sono le pagine che l’autore dedica al Sinodo dei vescovi
del 1969, blindato dalla polizia e simbolicamente «assediato» dai
movimenti internazionali del «basso clero». Il medesimo atteggiamento di
chiusura verso le istanze del dissenso si riscontra anche nello scontro
tra il cardinale Florit e la comunità dell’Isolotto e, più in generale,
nelle relazioni tra la gerarchia e il nascente movimento delle comunità
di base (Il Vandalino a Torino, San Paolo a Roma, Taizé e Boquen in
Francia, ect).
Di queste forme di vita religiosa, animate da laici
e sacerdoti e cresciute a contatto con i movimenti sociali, lo studioso
evidenzia il complicato rapporto d’internità alla Chiesa tradizionale.
La fiducia nelle istituzioni ecclesiali andrà però sfumando nella
radicalizzazione dei Long Sixties con la contaminazione tra il dissenso
religioso e la contestazione studentesca.
Su questo punto sono
centrali, per quanto riguarda l’Italia, gli episodi dell’occupazione
della Cattedrale di Parma (settembre 1968) e del primo «contro
quaresimale» a Trento, due forme di protesta mutuate dal movimento
studentesco con la partecipazione dei «ribelli» della Cattolica di
Milano. Estendendo lo sguardo all’Europa, forme analoghe di commistione
tra fede e politica si ritrovano in Olanda nella sinistra studentesca
uscita dall’università di Nimega e soprattutto in Belgio con il
protagonismo dell’università di Lovanio nell’esplosione del conflitto
sociale. In molti casi uno degli effetti di questo incontro tra fede e
marxismo rivoluzionario sarà l’abbandono non solo della Chiesa
gerarchica, ma anche del campo della religione.
Per coloro che
decidono di rimanere, sarà all’origine di un fenomeno come i Cristiani
per il socialismo, gruppo internazionale erede della teologia
latinoamericana e punta di lancia del cattolicesimo rivoluzionario.
Attraverso il metodo della storia politica comparata, Horn restituisce
così alla storia della New Left attori e movimenti a lungo lasciati
nell’ombra e che pure hanno dato un apporto importante di cultura
politica e parole d’ordine. Resta invece in secondo piano il significato
che quell’esplosione di politica ha avuto in una società in corso di
secolarizzazione, un nodo ancora tutto da sciogliere e rispetto al quale
il laboratorio dei cattolici rappresenta un punto di vista
privilegiato.