venerdì 5 febbraio 2016

La Stampa 5.2.16
Egitto
Nelle caserme “terra di nessuno” spariscono gli oppositori politici
Le associazioni per i diritti umani: negli ultimi mesi 340 casi
di Rolla Scolari


Scompaiono, e quando ricompaiono lo fanno soltanto dopo mesi passati in celle segrete, non ufficiali, gestite da quella stessa polizia che per anni ha silenziato il Paese, quella contro cui l’Egitto era scesa in strada a protestare il 25 gennaio del 2011. Il New York Times ha raccontato proprio il giorno dopo la scomparsa di Giulio Regeni al Cairo le storie di alcuni di quei cittadini spariti nel nulla, cercati con ansia e senza successo dalle famiglie. Secondo l’Egyptian Commission for Rights and Freedom (Ecrf), ci sarebbero stati da agosto a novembre 340 casi.
La scomparsa e poi la tragica morte dello studente italiano al Cairo arriva in un momento in cui l’Egitto vive una situazione di profonda instabilità nel campo della sicurezza. Le forze dell’ordine egiziane con l’avvicinarsi del quinto anniversario della rivoluzione del 2011, il 25 gennaio, hanno mostrato un nervosismo non giustificato: da mesi le proteste sono minime, a causa di una serie di arresti e raid in appartamenti del centro.
Benché non ci sia ancora nulla di certo sulle cause della scomparsa e poi della morte del giovane, la difficile atmosfera politica al Cairo ha sollevato preoccupazioni. A gennaio, Human Rights Watch ha parlato di una reale minaccia per la sicurezza dell’Egitto legata a estremismi, ma ha criticato il regime di AbdelFattah al-Sisi per il rafforzarsi della repressione contro oppositori politici e per l’aumento di quelle che i gruppi per i diritti umani chiamano «sparizioni forzate». Campagne come quella di ECRF hanno obbligato il ministero dell’Interno attraverso il semi-ufficiale Consiglio Nazionale per i Diritti Umani a rendere pubblica la sorte di 118 su 191 cittadini spariti negli ultimi mesi. Il nome più noto di attivista scomparso è quello di Ashraf Shehata, di cui non si conosce la sorte da gennaio 2014. La maggior parte dei casi è legata a membri dei Fratelli musulmani, considerati dal regime gruppo terroristico. Chi sparisce lo farebbe per mano dei temuti agenti delle forze dell’ordine, che agiscono spesso in borghese.
Per Heba Morayef, dell’Egyptian Initiative for Personal Rights, «negli ultimi tempi il numero di scomparse forzate e morti in carcere è aumentato. Si tratta per la maggior parte di egiziani, a parte il caso del francese morto in custodia della polizia nel 2013. Le forze dell’ordine hanno allora incolpato i compagni di cella: lo avrebbero ucciso perché omosessuale, un fatto che non attenua le colpe della polizia».
È in questa atmosfera di nervosismo da parte della autorità che si è mosso dopo la scomparsa di Giulio Malek Adly, tra i più noti avvocati per i diritti umani del Paese, del Centro per i Diritti Sociali ed Economici. «Abbiamo ricevuto una richiesta di aiuto da amici egiziani ed italiani di Giulio già la sera del 25 gennaio, verso le 9. Abbiamo cercato di capire se era detenuto, senza successo. Siamo andati prima di tutto al commissariato della polizia a Dokki - dove abitava il ragazzo, ndr – dove siamo stati aiutati da un giovane agente». Nessuno della sua associazione ha potuto vedere il corpo. «Siamo stati all’obitorio martedì notte, ma non ci hanno lasciato entrate. Fuori, c’erano moltissime forze dell’ordine».