giovedì 4 febbraio 2016

La Stampa 4.2.16
Flores d’Arcais, se la democrazia getta la spugna
di Jacopo Iacoboni

C’è una sola cosa che in una democrazia non può esser messa in discussione: la democrazia. Ossia, laicità, spirito libertario e egualitario.
C’è un’antinomia illuminista di fondo che Paolo Flores d’Arcais prende di petto nel suo nuovo libro - La guerra del sacro.
Terrorismo, laicità e democrazia radicale - che esce da Cortina proprio nei giorni del trentennale di MicroMega. La democrazia può accettare tutto, qualunque opinione, o qualunque credenza religiosa, per quanto estrema sia, a patto di non rinunciare a sé stessa, alla sua forma ma anche (forse soprattutto) al suo contenuto. Forma e contenuto non possono essere teoreticamente disgiunte. Da questo punto di vista molta riflessione politica di ambito postmarxista si trova dinanzi a un problema che invece le teorie - chiamiamole così - della «democrazia radicale» riescono almeno a tener presente: ossia i cul-de-sac di un relativismo politico, prima che etico. E qui già siamo nel territorio (senza che loro lo sappiano) delle statue coperte di Renzi e Rohani, nella recente visita del presidente iraniano a Roma.
C’è un capitolo del libro che racconta esattamente questo, l’Occidente si è autocensurato di fronte al fenomeno religioso - in particolare di fronte all’islam, e alle sue derive fondamentaliste - e il caso delle statue velate dal governo italiano, per quanto grottesco e recente, non è neanche il principale. Siamo tutti stati Charlie Hebdo dopo il 7 gennaio 2015, ma avevamo già ceduto a non pubblicare vignette che dessero fastidio a qualche organizzazione islamica sui nostri giornali, a impedire conferenze sgradite nelle nostre università, a censurare persino i fumetti e il nostro intrattenimento (è accaduto con South Park). Autocensura è ciò che impedisce ad alcuni di dire chiaro che la religione c’entra eccome, col terrorismo, e che questo terrorismo è «islamico, orgogliosamente», constata Flores. È ovvio che «non tutti i fedeli di Allah condividono questa decifrazione della sua volontà». Ma dovrebbe esserlo altrettanto che noi siamo la democrazia; radicale. Un valore che non può rinunciare a sé stesso, né censurarsi, né farsi paraventi per aiutare (e fare affari con) chi punta a distruggerci.