La Stampa 4.2.16
Etruria, oltre 17 milioni di consulenze gonfiate
Su Boschi 10 procedimenti, 9 già archiviati
di Gianluca Paolucci
Oltre 17 milioni di euro di consulenze pagate da Banca Etruria nel periodo 2013-2014, caratterizzate da una serie di anomalie.
Il
quadro che emerge da uno degli allegati della richiesta di insolvenza
dell’istituto, avanzata dal liquidatore Giuseppe Santoni al tribunale
fallimentare di Arezzo, potrebbe pesare sulle valutazioni in corso alla
procura della città toscana che conduce l’inchiesta sul dissesto
provocato dalla passata gestione dell’istituto.
Il periodo passato
al setaccio riguarda sia il consiglio guidato da Giuseppe Fornasari con
Luca Bronchi come direttore generale. Che quello successivo, in carica
dal maggio del 2014, dove alla presidenza era arrivato Lorenzo Rosi e
Pierluigi Boschi era diventato vicepresidente. Anche se Bankitalia aveva
riconosciuto che a parte dal secodno trimestre del 2014 (e quindi con
il nuovo consiglio, parzialmente rinnovato), era stata decisa una
progressiva riduzione delle spese per consulenza. Il documento è
estremamente dettagliato e, pur senza citare le controparti, elenca
tutte le fatture pagate dall’istituto e caratterizzate da profili di
anomalia. Tra queste figurano 11 fatture per un totale di due milioni di
euro firmate dal direttore generale oltre i poteri a lui delegati. Poi
ci sono quattro fatture per un totale di 572 milioni di euro pagate
sulla base di delibere «in elusione dei poteri delegati». Per 14 fatture
- 180 mila euro di controvalore - risultano delibere inferiori alle
somme poi effettivamente liquidate. La parte più consistente, oltre 5,1
milioni di euro, riguarda un totale di 38 fatture pagate a fronte di
delibere generiche negli importi. Altri 2,815 milioni di euro riguardano
invece 17 fatture relative a consulenze professionali «relative alla
contemporanea presenza di diverse professionalità per le stesse
materie».
Quello delle consulenze era un tema sollevato anche
dalle diverse ispezioni di Bankitalia sull’istituto. Il 28 gennaio del
2015, nemo di due settimane prima del commissariamento, gli ispettori
sottolineavano una serie di debolezze nelle procedure e richiedevano un
rafforzamento delle strutture per una gestione più puntuale delle spese
«a fronte dei budget deliberati. Pur considerando che le disdette dei
contratti di consulenza, avvenuti dalla fine del secondo trimestre 2014
porteranno a una progressiva riduzione delle spese, è necessario
rafforzare i presidi di controllo per evitare spese non in linea con le
strategie e i budget aziendali».
Intanto la procura generale di
Firenze ha inviato al Csm le carte sui procedimenti della procura
aretina su Boschi. Sono stati in tutto 10, a partire dal 2008, che hanno
visto il padre del ministro indagato, di cui quattro hanno avuto come
titolare l’attuale procuratore Roberto Rossi. Ne resta aperto uno su cui
c’è una richiesta di archiviazione e che risale al dicembre 2014,
quando Rossi era già alla guida della procura toscana. Il Csm, deve
decidere se c’è stata incompatibilità tra il ruolo di Rossi e un
incarico di consulenza per il governo svolto dal magistrato sino a
dicembre dello scorso anno.