La Stampa 29.2.16
Nichi il comunista e il desiderio di paternità che viene da lontano
Disse: “Mi manca un figlio, ma è argomento intimo”
Dal legame con la madre al coming out gay nel Pci
di Mattia Feltri
La
notizia della nascita di Tobia Antonio, primo figlio dell’utero in
affitto nella politica italiana, è la conseguenza di un desiderio
premeditato. Nichi Vendola lo ha raccontato almeno a cominciare
dall’ottobre del 2010, in un’intervista a Chi, l’organo ufficiale della
confidenza al mondo: «Mi manca un figlio. Ma è un argomento intimo. Non
nascondo però che scapperei subito ad adottare un piccolo abbandonato in
Kosovo». Quasi due anni dopo, con una lettera al quotidiano Pubblico,
ha offerto una vera dichiarazione d’intenti: «Mi piacerebbe crescere un
bimbo, una bimba, tanti bimbi. Non ho mai sopportato l’idea che questo
mio desiderio potesse essere spettacolarizzato (...) ma non sopporto più
l’idea di doverlo occultare (...) Non ho mai pensato a un figlio come
ad un giocattolo, ma come al più impegnativo dei compiti (...)
Accoglierlo come soggetto pieno e non come una miniatura d’adulto». «E’
un pensiero che riposa in un angolo della mia vita e che ho sempre
rimandato», ha infine detto Nichi, meno di un anno fa, di nuovo a Chi.
Intanto, però, progettava di «scrivere un libro di filastrocche per
bambini». E la sorte ha voluto che tutto succedesse quarantotto ore dopo
l’approvazione senza stepchild adoption (adozione del figliastro) delle
Unioni civili in Senato.
Tobia Antonio è nato nel pomeriggio di
sabato 27 in una clinica californiana: la madre che ha offerto la
gestazione è un’americana di origine indonesiana, il padre biologico è
Eddy Testa, compagno di Vendola. Il quale, dunque, sarà padre adottivo
del piccino (a proposito, pesa tre chili e tre) in Usa ma non in Italia,
a meno che un giudice non ritenga sia invece necessario. Il silenzio di
ieri dipende dall’intermittente riservatezza dell’ex governatore
pugliese, che secondo le notizie date da un fratello su Facebook era
andato in America per curare «un’otite con epididimite ingravescente».
Si parla di intermittente riservatezza perché Vendola è un uomo che,
seppur con qualche sofferenza, ha spesso parlato di sé. L’ultima volta
poche settimane fa, a La7 da Myrta Merlino, a proposito dell’adorata
madre appena scomparsa («Ho pensato molto prima di accettare»). Ricordò
della volta in cui aveva parlato della sua esperienza personale a una
nutrita manifestazione Lbgt (lesbiche gay bisessuali transgender), e i
genitori lo aveva ascoltato alla radio; così mamma lo chiamò e gli
disse: «Diceva papà che dovremmo chiederti perdono per tutte le volte
che non ti abbiamo capito». La madre meritava l’omaggio perché era una
donna «incapace di coltivare il pregiudizio», lo aveva esortato «a
essere felice», e lo aveva incoraggiato al tempo dell’orecchino che
scandalizzava la Puglia e pure il Pci, del quale Vendola è stato
coraggiosamente il primo leader a fare coming out. Era un’ottima madre,
si intuì, grazie alla quale Nichi sarebbe diventato un ottimo padre.
E
dunque l’intera vita di questo eterno ragazzo pugliese (ad agosto
compirà 58 anni), cattolico e comunista, che si chiama Nicola, come il
santo patrono di Bari, e fu immediatamente chiamato Nikita, in variante
sovietica, è stata per forza un intreccio di pubblico e privato, di
questioni personali evolute in rivendicazioni politiche. «Compagni sono
omosessuale, e in sala c’è anche il mio fidanzato», disse a un congresso
della Fgci del 1980; un’ovazione seguì qualche attimo di stupore,
mentre oggi non c’è né l’uno né l’altro. Vendola adesso ha un figlio e
di nuovo diventa la testimonianza di sé, e di tutto un mondo, della
relazione qui evidente fra stepchild adoption e utero in affitto, di una
società che prende strade nuove, legge o non legge.