venerdì 26 febbraio 2016

La Stampa 26.2.16
Così l’Italia sigilla i mari per evitare l’avanzata dell’Isis
Con l’occupazione di Sirte gli islamisti ora dispongono di una costa Piattaforme petrolifere e navi da crociera possono diventare obiettivi
di Francesco Grignetti

S’è parlato tantissimo di Libia, nella riunione di ieri pomeriggio al Consiglio supremo di Difesa. Già, perché la Libia è in cima alle preoccupazioni del nostro governo. Un Paese fuori controllo dove prosperano i traffici illegali, si mettono a rischio le nostre forniture energetiche (e infatti il comunicato ufficiale del Quirinale accenna all’impatto sulla «sicurezza energetica italiana ed europea» e «all’andamento dei mercati degli idrocarburi»), è trampolino di lancio per l’immigrazione clandestina, e infine ma non ultimo, il Califfato sta provando a radicarsi.
Prima che ce lo dicessero i francesi, infatti, su «Le Monde» di tre giorni fa si leggeva la preoccupazione di una fonte della Marina militare francese: «L’Isis dispone per la prima volta di una costa. Ci prepariamo a duri scenari in mare» già la Difesa italiana ha provveduto a sigillare le acque davanti alle coste libiche.
Doppia squadra navale
Da mesi c’è in mare, in permanenza, una doppia squadra navale: il dispositivo tutto italiano Mare Sicuro e la flotta europea Eunavform a guida italiana. Ma non ci basta. E infatti l’Italia cerca alleanze per convincere la Nato a schierare qualche nave anche nel Mediterraneo centrale e non solo tra Grecia e Turchia. Il ministro Roberta Pinotti sta organizzando un vertice con i colleghi di Francia, Spagna, Portogallo, Gran Bretagna.
Con l’Isis che controlla un centinaio di chilometri di costa del Mediterraneo, infatti, siamo già nell’incubo. Ogni possibile minaccia è stata valutata dalla nostra intelligence e dagli stati maggiori: l’assalto suicida a una nave militare sulla falsariga di quello che fecero i qaedisti nel golfo di Aden contro la cacciatorpediniera statunitense «Uss Cole» nel 2000; che i terroristi islamisti possano attaccare qualche piattaforma petrolifera off-shore dell’Eni; che la costa libica si trasformi in una nuova Somalia con pirati che sequestrano navi cargo; infine anche il pericolo di un assalto a navi da crociera. In fondo, non sarebbe altro che una riedizione del sequestro della «Achille Lauro», che trentuno anni fa fu assalita e dirottata da quattro terroristi palestinesi al largo dell’Egitto.
Nel mazzo delle ipotesi c’è anche quella più estrema di uno sbarco di uomini armati sul suolo italiano. I jihadisti l’hanno fatto in India nel 2008, quando hanno assalito diversi hotel di Mumbai sbarcando con gommoni sulla spiaggia, dopo essere stati portati in zona con un finto peschereccio.
Le contromisure
Identificati i rischi, ecco le contromisure. Un sistema complesso per sigillare una frontiera liquida. «A questo punto non passa neanche un barchino senza essere segnalato», è la rassicurazione che i militari hanno fornito.
S’immagini infatti la scacchiera della battaglia navale. Dal cielo vigilano ininterrottamente due droni Predator e il satellite Cosmo-Skymed a disposizione della Difesa. Navi, uomini e elicotteri, peraltro, sono lì, pronti a intervenire. Da quasi un anno si cominciò nel marzo 2015 è in piedi l’operazione Mare Sicuro: un dispositivo aeronavale di 5 navi, con elicotteri e almeno 1000 uomini che ha compito di «presenza, sorveglianza e sicurezza marittima». Opera in un’area di mare di circa 160.000 km quadrati, prospiciente le coste libiche. Il punto esatto dove sono le nostre navi è però segreto militare, non volendo fornire indicazioni ai terroristi.
A partire dal giugno 2015, gli si è affiancata la missione europea «Eunavform-Sophia» con 24 nazioni europee, 6 vascelli, 4 aerei. L’Italia fornisce il quartier generale, la portaerei Cavour come ammiraglia e il comandante, l’ammiraglio Enrico Credendino. I flussi di migranti dalla Libia sono diminuiti e «i trafficanti ha scritto in un rapporto riservato per Bruxelles, finito su Wikileaks non possono più operare con impunità nelle acque internazionali».
L’ammiraglio spinge però per operazioni più ardite. L’Unione europea è il suo suggerimento proponga al futuro governo unitario di addestrare gli uomini della Guardia costiera e li rifornisca di mezzi. In questo modo Eunavoform diventerebbe un partner strategico, sarebbe invitata nelle acque territoriali, e assieme ai libici potrebbe anche mettere qualche scarpone a terra.