Corriere 26.2.16
Intervento in Libia Ok a missioni segrete dei nostri corpi speciali
Il tempo stringe: Francia, Gb e Usa già sul terreno
di Fiorenza Sarzanini
ROMA
Interventi affidati a corpi militari speciali. Operazioni riservate
condotte grazie alla legge approvata lo scorso novembre dal Parlamento
che consente ai gruppi d’élite di entrare in azione «seguendo la catena
di comando dei servizi segreti». L’Italia si prepara a intervenire in
Libia nell’ambito di una «missione militare di supporto su richiesta
delle autorità libiche». Il giorno strategico dovrebbe essere lunedì,
quando cento parlamentari di Tobruk potrebbero far nascere — così come
si sono impegnati a fare con i mediatori internazionali — un governo di
unità nazionale che solleciti le Nazioni Unite a prendere provvedimenti
per la stabilizzazione del Paese.
I decreti «missione»
È il
passo necessario per il via libera a un impegno del nostro Paese,
richiesto da tempo dagli Stati Uniti e sinora rinviato proprio per la
mancanza di una «cornice» disegnata dall’Onu. Il capo dello Stato,
Sergio Mattarella, lo ha ribadito ieri nel corso del Consiglio supremo
di difesa, sollecitando anche la rapida approvazione del decreto che
ogni anno finanzia e fornisce copertura giuridica alle missioni
all’estero. Le norme già varate consentono infatti di evitare il voto
delle Camere, prevedendo esclusivamente un’informativa del governo alle
commissioni Esteri e Difesa. Il tempo stringe, gli alleati sono già sul
campo, Roma ha assicurato che «farà la propria parte» nella guerra ai
terroristi dell’Isis. E dunque schiererà le navi già in attività di
perlustrazione del Mediterraneo, un aereo cisterna, i Tornado di stanza a
Trapani, anche due sommergibili. E potrà contare sulle basi militari
del Sud, compresa Pantelleria dove da tempo sono insediati numerosi
militari statunitensi.
Le incursioni
Gli specialisti del
Comsubin e del Col Moschin ma anche i parà della Folgore potranno agire
grazie alle stesse «garanzie funzionali» degli 007 che la legge ha
concesso loro con il provvedimento varato a larga maggioranza proprio in
previsione di un possibile impegno in Libia. L’autorizzazione viene
data dal capo del governo, che naturalmente si coordina con il ministro
della Difesa. Proprio ieri Roberta Pinotti ha ribadito di ritenere
«impensabile un intervento militare di occupazione», consapevole però
che i vertici delle forze armate premono per l’intervento. Del resto
l’Italia ha più volte avanzato l’istanza di ottenere il comando della
Coalizione, ma questa possibilità rischia di sfumare di fronte ai
continui rinvii proprio tenendo conto che Usa, Francia e Gran Bretagna
sono già sul campo e stanno effettuando missioni.
Lo schieramento
Sono
circa 3.000 i soldati che potrebbero essere impiegati a protezione dei
siti sensibili come gli impianti energetici, i giacimenti, gli
oleodotti, ma pure le ambasciate, i palazzi istituzionali, gli ospedali.
Quanto alto sia il timore per l’impatto che la crisi libica può avere
sul nostro Paese lo dimostra la scelta di sottolineare nel comunicato
del Quirinale diramato al termine del Consiglio che «è stato considerato
l’impatto sugli scenari di crisi e sulla sicurezza energetica italiana
ed europea dell’andamento dei mercati degli idrocarburi». E si è
calcolato che possa influire addirittura sul 10 per cento del mercato.
Un capitolo ritenuto di massima importanza è quello riguardante
l’addestramento delle forze locali, proprio come già accaduto in altri
scenari di crisi, in particolare l’Afghanistan. Ma la vera priorità
passa per la lotta all’Isis, dunque sono gli armamenti e i mezzi navali e
aerei a fare la differenza. Il via libera al decollo dei Predator e
Global Hawk statunitensi da Sigonella è già stato dato. Entro qualche
settimana si può passare alla seconda fase con l’impegno diretto.