La Stampa 24.2.16
Il ritorno a “casa” di Matteo Renzi, l’ex boy scout
La benedizione vaticana mette in imbarazzo il “figliol prodigo” Matteo
Parolin: “Bene, ma evitare altri grimaldelli”
di Fabio Martini
Il
ritorno a “casa” di Matteo Renzi, l’ex boy scout che dopo tante
oscillazioni ha definitivamente chiuso alla stepchild adoption, è stato
salutato con affetto dai vertici della Chiesa, con una esternazione
insolitamente esplicita del Segretario di Stato, il cardinale Pietro
Parolin: «Lo stralcio delle adozioni? Mi pare che sia l’ipotesi
corretta». Il cenno di riscontro per il ritorno a casa del “figliol
prodigo” è stato il momento conclusivo di un intero pomeriggio trascorso
a porte chiuse dai vertici del governo italiano e di quello vaticano in
occasione della tradizionale cerimonia per la ricorrenza dei Patti
lateranensi. Un pomeriggio che, ex post, potrebbe rivelarsi pieno di
significati e di conseguenze.
Tutto era iniziato poco dopo le 16
nel cortile del cinquecentesco palazzo Borromeo. Le “due Cei” arrivano
separate, a bordo di autoblu dai vetri smerigliati. Dalla prima scende
il cardinal Angelo Bagnasco, ultimo, ieratico rappresentante dell’era
Ruini, quella delle interferenze nella politica italiana; dalla seconda
scende monsignor Nunzio Galantino, loquace interprete della linea di
Francesco nella realtà italiana. L’uno e l’altro sono preceduti dal
segretario di Stato Pietro Parolin, che esce da una terza autoblu: è lui
il primo a stringere la mano a Matteo Renzi, nella sua veste di padrone
di casa: nella sede della Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede sta
per svolgersi la rituale celebrazione dei Patti lateranensi.
Momento
più propizio, per incontrare i vertici vaticani, non poteva capitare
per Renzi, da pochi giorni protagonista di una svolta sullo stralcio
delle adozioni nella legge sulle unioni civili, una svolta che
riavvicina un cattolico pragmatico come Renzi al “cuore” della Chiesa
italiana. Per molti mesi fautore di una legge sulle Unioni civili nella
versione comprensiva di stepchild adoption, subito dopo il popolatissimo
Family day del 30 gennaio, il presidente del Consiglio si era ritrovato
scavalcato dalla svolta dei Cinque Stelle («libertà di coscienza ai
parlamentari»). Una svolta che aveva fatto parlare ad un politologo come
Roberto D’Alimonte del M5s come del vero «partito della nazione»,
capace di interpretare umori di una opinione pubblica trasversale e
moderata. Qualche giorno fa la controsvolta di Renzi («stralciamo le
adozioni»), nel tentativo di rimettersi in sintonia con un elettorato
vasto e maggioritario, almeno secondo i sondaggi. Una svolta, quella del
governo, che finisce per andare incontro alle due anime della Chiesa:
quella di Bagnasco che ha cavalcato il Family day e quella di papa
Francesco che non lo ha promosso, ma lo ha gestito, puntando ad una
legge che riconoscesse le unioni ed escludesse le adozioni, come chiesto
esplicitamente da monsignor Galantino.
E ieri, alla cerimonia per
i Patti lateranensi, la sorpresa. Al termine di un incontro svoltosi in
un clima «idilliaco», secondo la testimonianza di uno dei presenti e
nel quale il tema Unioni civili non è stato approfondito, il cardinale
Parolin, il “capo dello Stato” vaticano, è arrivato a definire
«corretta» l’ipotesi di stralcio delle adozioni e poi si è addentrato
nei dettagli della legge: «Bisogna evitare che ci siano altri
grimaldelli, al di là del riferimento diretto alla stepchild adoption,
che potrebbero derivare dall’equiparazione delle unioni civili al
matrimonio. Perché in questo caso si potrebbe trovare con le sentenze il
modo di aggirare il nodo legislativo».
Pochi minuti dopo nel
cortile di palazzo Borromeo è comparso Renzi. Difficile sapere se fosse
stato informato della così generosa apertura di Parolin, sta di fatto
che il presidente del Consiglio ha detto: «Noi rispettiamo l’opinione
diversa della Cei. Sulle unioni civili le posizioni del governo italiano
e della Cei non coincidono su molti aspetti. Credo che sia corretto che
la Cei abbia la propria linea». Nel momento in cui sta combattendo con
la sinistra Pd, Renzi ha premura di lanciare il messaggio: non mi faccio
dettare la linea dalla Chiesa.